Sul fronte della lotta al coronavirus la notizia più importante in queste ultime ore è quella che arriva dall’ospedale Sacco di Milano, dove Massimo Galli, ordinario di malattie infettive all’Università degli studi del capoluogo lombardo, ha annunciato l’isolamento del ceppo italiano. Si tratta di virus autoctoni, dunque non appartenenti al ceppo cinese. Massimo Ciccozzi, responsabile dell’Unità di epidemiologia del Campus Biomedico di Roma, il primo con il suo team a isolare il genoma del virus, spiega che “ci troviamo davanti a un passo importantissimo, visto che ci permetterà di capire cosa è successo, di appurare come ha fatto il virus a circolare e di sviluppare anticorpi e poi vaccini e cure farmaceutiche”. Ciccozzi sottolinea i passi importantissimi compiuti dalla sanità italiana, a discapito delle critiche avanzate da certi politici e da alcuni paesi esteri: “Con il Sacco già lavoriamo e lavoreremo sempre di più in collaborazione per arrivare al risultato decisivo: lo sviluppo di vaccini e cure”.
Cosa significa esattamente aver trovato il “ceppo italiano” del coronavirus, aver isolato il “virus autoctono”?
Ricostruendo la cronologia, allo Spallanzani di Roma era già stato raggiunto l’isolamento del virus nei pazienti cinesi ricoverati. Cosa che avevano comunque ottenuto gli stessi cinesi, gli australiani e gli americani. Poi siamo arrivati noi. Quello che è stato fatto adesso invece è ben diverso e isolare il ceppo italiano è importantissimo. Ci permetterà di studiare l’epidemia nel nostro paese, se il virus ha subìto mutazioni diverse dal ceppo cinese, come è nata l’infezione.
È normale nei ceppi influenzali che siano diversi da paese a paese?
Sì, può succedere. Il nostro lavoro ha permesso di scoprire altre due mutazioni, di sapere, come già noto, che questo coronavirus è molto più contagioso ma assai meno letale della Sars.
A questo punto sarà possibile mettere a punto farmaci adeguati e addirittura il vaccino?
Esattamente. È importante avere in mano il virus italiano da studiare per poter poi avere un vaccino che funzionerà per tutti i ceppi, anche quello cinese. Nel 90% dei casi stiamo parlando dello stesso virus passato e trasferito all’uomo. E proprio noi siamo stati i primi a scoprirlo. Poterlo studiare è una cosa incredibile per la sua importanza.
Il virus è comunque arrivato dall’Oriente, come afferma il professor Galli, e ha cominciato a circolare tra ottobre e novembre. Questo cambia un po’ le cose?
Sì, potrebbe essere. Inizialmente il virus potrebbe essere stato scambiato per un semplice virus influenzale, visto che i sintomi sono gli stessi e che nell’80% le persone non mostrano alcuna patologia se non una semplice influenza. Adesso però con le analisi del genoma potremo dire da quanto tempo circola, da dove arriva e se è arrivato dalla Cina in quale modo è passato a un paziente italiano. Adesso siamo davanti a un ceppo tutto italiano, non c’entra più la Cina.
È stata data notizia di un caso di recidiva, una donna cinese che era guarita e che si è ammalata di nuovo. Questo è preoccupante?
Normalmente con i virus influenzali può accadere una forma recidiva più lieve. Ma non corriamo. Il coronavirus lo stiamo ancora studiando e non sappiamo come si comporta. Ci sono troppe cose ancora da capire per sapere esattamente come questo virus funziona.
Si può dire però che stiamo procedendo bene dal punto di vista sanitario? Nonostante ci siano paesi che chiudono le frontiere agli italiani?
Sì, stiamo andando bene. Per le critiche dall’estero, ognuno ha la sanità che si merita. Ci critichino pure, resta che noi abbiamo uno dei migliori sistemi sanitari del mondo. Stiamo facendo il massimo e tutto quello che le regole dell’epidemiologia dicono di fare: quando non c’è un vaccino preventivo si fa la quarantena per bloccare la malattia.
Nella vicenda coronavirus si è molto parlato anche di come si è mossa la politica. Macron in Francia ha forse dato l’esempio migliore, lasciando parlare in diretta televisiva solo i medici. Che ne pensa?
Ho partecipato a tutti i telegiornali in cui sono stato invitato a parlare, ma ho rifiutato di andare ad alcuni programmi troppo politicizzati. La scienza è un’altra cosa, spiega in modo tecnico le cose; la politica lo fa in modo appunto politico, è una guerra fra politici. Non ci interessa e ci lascino però lavorare.
(Paolo Vites)