Caro direttore,
sono trascorsi nove giorni da quando l’emergenza coronavirus è esplosa in Lombardia e Veneto e ancora nessun esponente del governo è venuto in visita nelle zone più colpite dal rischio epidemico: dove decine di migliaia di cittadini sono in quarantena, gli ospedali traboccano, le scuole sono chiuse, l’intero sistema economico si è fermato e gli amministratori locali devono assumere decisioni di estremo impegno.
Non ha ritenuto di salire a Lodi o a Padova, a Milano o a Venezia il premier Giuseppe Conte: che pure ha confermato nel frattempo un incontro con il presidente francese Emmanuel Macron a Napoli. Non ha preso un Frecciarossa o un aereo Alitalia il ministro per la Salute, Roberto Speranza, né il collega del Mef, Roberto Gualtieri, né il titolare del Mise, Stefano Patuanelli; o del Welfare, Nunzia Catalfo; o del Miur, Lucia Azzolina. Non i due ministri piemontesi Paola Pisano e Fabiana Dadone. E nemmeno il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese: fino a sei mesi fa prefetto di Milano.
L’appello #Milanononsiferma – lanciato dal sindaco Beppe Sala – è stato e resta più di un invito all’“unità nazionale”. La Scala — chiusa anche perché un corista del Trovatore si è ammalato del virus – sarebbe una cornice ideale e simbolica. Il teatro non è solo una passerella per la prima di sant’Ambrogio. L’11 maggio 1946, la sua riapertura dopo i bombardamenti e la ricostruzione, vide Arturo Toscanini dirigere brani di grandi maestri italiani: Rossini, Verdi, Puccini e Boito. Molti milanesi ascoltarono in Piazza della Scala, dov’erano stati montati degli altoparlanti. Furono le immagini di quella giornata – pochi giorni prima del referendum che decise la nascita della Repubblica democratica – ad archiviare le altre fino ad allora: a cominciare davvero a far passare il passato nel Paese.
Perché il Presidente del Consiglio non viene a riaprire la Scala, per far riprendere subito Il Trovatore? Potrebbe chiedere che al suo fianco – oltre al sindaco Sala e al governatore Attilio Fontana – sedesse la senatrice Liliana Segre: simbolo milanese e italiano della resistenza civile a ogni paura, a ogni tragedia, a ogni divisione.
Altri potrebbero seguire il suo esempio. Primi fra tutti, forse, gli organizzatori del convegno “The Economy of Francesco”, in programma ad Assisi dal 26 al 28 marzo. Una lettera indirizzata ai partecipanti in arrivo da 115 paesi ha già avvertito che – se necessario – l’evento sarà rinviato. Tuttavia il desiderio di “battere la paura” è particolarmente vivo nel mondo cattolico (lo ha sottolineato ieri con forza particolare Andrea Riccardi sulla Stampa). Perché allora non confermare almeno un giorno di lavori, per riaffermare una fede e una speranza?
Sabato 28 marzo. A Milano. In Duomo.