In mezzo a tutto questo bailamme comunicativo, che può far male più del coronavirus, per metterci una pezza, in sordina senti mormorar: rottamazione! Sarei tentato di dire rottamatevi il cervello, ma non mi lascio trascinare dall’impeto.
Temo non si sia capito granché di quel che sta accadendo nell’economia. Lo rammento tutto d’un fiato: noi consumatori, soggetti economici del mondo abbiente, che abbiamo acquistato in ogni dove, ogni cosa, in ogni momento perché questo è il meccanismo in uso per generare ricchezza; noi che abbiamo speso più del reddito disponibile, depredato risparmi, indebitati oltremodo dando fuoco alla miccia che sta facendo deflagrare il mondo, proprio a noi viene lanciata l’esca delle rottamazioni per farci abboccare all’amo dell’acquisto e così, magari, continuare a spendere denaro preso a prestito, ricominciando quella catena di Santantonio che si è appena spezzata.
Signori, la storia della crisi sistemica che sta ancora sconvolgendo il mondo, comincia da fatti esattamente uguali a questi. Al reddito insufficiente si è trovata soluzione con il credito e gli arzigogoli finanziari più suggestivi e pericolosi che hanno nascosto il debito per decenni o giù di lì. Ora, per tutta risposta con una sagacia che imbarazza, ci viene proposto di rimediare alla crisi acquistando, magari automobili.
L’intento di ridare spazio al consumare, per aiutare le imprese a investire e produrre, non mi giunge del tutto nuovo. Dover poi acquistare quel prodotto, aumentando il nostro debito, sembra un film già visto.
Mentre rifletto per scrivere la chiosa a questa nota, mi arriva un tweet, dice: “Puoi tosare una pecora mille volte, la puoi scannare una volta sola” e mi accorgo, con disappunto, come mi abbia sottratto d’imperio il finale. Sì, perché se scanni gli scannati dal debito ma non dal bisogno, il virus sei tu!Ehi, gestore dell’economia, si sta nell’economia dei consumi, là dove si è ridotta l’utilità marginale del dover fare la spesa facendo crescere l’utilità della domanda d’acquisto, per tenere la produttività del sistema, come pure la crescita. Sì, insomma, la domanda non paga: si paga!