TRIA SU QUOTA 100
In questi giorni si è tornati a parlare delle risorse stanziate per la riforma pensioni con Quota 100 e il Reddito di cittadinanza, che in talune analisi vengono ritenute degli “sprechi” a fronte delle necessità del sistema sanitario. Intervistato da Affari & Finanza, l’inserto economico di Repubblica, Giovanni Tria ammette che nel 2018 si sarebbe potuto “agire diversamente”, cercando di contenere il deficit più di quanto fatto in rapporto al Pil. L’ex ministro dell’Economia spiega che “Quota 100 e reddito di cittadinanza attribuivano diritti soggetti ai cittadini e se le risorse non fossero bastate si sarebbe aggiustato successivamente il bilancio, non era necessario eccedere negli stanziamenti di bilancio. Invece se ne fece una bandiera e il Governo decise di procedere”, come a tutti ben noto. Tria invita però a fare attenzione, perché “le somme inizialmente ipotizzate non sono mai state spese, il costo fu sovrastimato. Tanto è vero che dopo una battaglia sul 2,4 e poi sul 2,04%, siamo arrivati all’1,6%”.
LA PROPOSTA PER IL MONDO DELLA SCUOLA
Il sito tecnicadellascuola.it ha pubblicato il testo della lettera di Vincenzo Rossi, in lettore, il quale evidenzia che se vi fosse uno sfoltimento dei progetti extracurriculari che vengono finanziati con i soldi del fondo d’istituto (MOF e/o FIS) e inseriti nel PTOF, piuttosto che finanziati con i PON europei o con i fondi per il diritto allo studio di Amministrazioni comunali, “i docenti (tutti) potrebbero godere di stipendi meno miseri e (persino) di maggior prestigio sociale”. E oltretutto vi sarebbe un effetto anche in ambito previdenziale, simile a quello di una riforma pensioni. Infatti, se “se tali soldi fossero investiti per avvicinare il salario (di tutti) i docenti italiani ai colleghi di (tutta) l’Europa, ciò consentirebbe (al contempo) di far percepire (a tutti i docenti) sia stipendi migliori che pensioni più adeguate”. Rossi non nasconde che potrebbe “ufficializzare tale proposta ai vertici del Ministero dell’Istruzione, del pari alle cointeressate e preposte Istituzioni. O ai sindacati e all’Aran. Secondo voi, ne terranno conto?”.
ZENNARO (M5S): RIVEDIAMO QUOTA 100
Negli ultimi giorni non sono mancati commenti sull’emergenza coronavirus volti a segnalare la necessità di recuperare quante più risorse possibili per interventi a supporto non solo dell’economia danneggiata, ma anche del sistema sanitario che sta affrontando un momento piuttosto particolare. E c’è anche chi propone di rivedere la riforma pensioni con Quota 100. Non solo all’interno del Partito democratico, come accaduto nel caso di Tommaso Nannicini, o dell’opposizione, ma anche nel principale partito della maggioranza, ovvero il Movimento 5 Stelle. Il Foglio ha riportato infatti le dichiarazioni di Antonio Zennaro, deputato pentastellato, secondo cui “la situazione straordinaria implica una serie di riflessioni sulle misure attive come Quota 100”. Dal suo punto di vista, “data la situazione che ci aspetta, credo che con una forte rimodulazione potremmo risparmiare almeno 10 miliardi nei prossimi due anni: risorse da destinare direttamente alla sanità pubblica e la ricerca scientifica”. Vedremo se queste parole troveranno seguito.
L’APPELLO DI DAMIANO
In un articolo pubblicato su Il Dubbio, Cesare Damiano fa appello ai suoi colleghi di partito, che ora hanno incarichi importanti in Europa, ovvero Paolo Gentiloni, commissario agli Affari economici, e David Sassoli, Presidente dell’Europarlamento, “affinché tutelino adeguatamente gli interessi dell’Italia e il welfare degli italiani in sede europea”. Il riferimento dell’ex ministro del Lavoro è ai continui richiami delle istituzioni europee agli effetti delle misure di riforma pensioni su una spesa pensionistica che viene “giudicata troppo onerosa rispetto a quella degli altri Paesi del Vecchio Continente”. Per Damiano “si tratta di una bugia che l’Italia dovrebbe smentire perché, sulla base di questa argomentazione infondata, il rischio è che si voglia preparare il terreno per un nuovo giro di vite sulla previdenza o impedire il definitivo superamento della Legge Fornero del quale l’attuale Governo sta discutendo con i sindacati”. Vedremo se Sassoli e Gentiloni risponderanno all’appello di Damiano.
I DATI DA RICORDARE SUL GAP UOMINI-DONNE
La Festa della donna ha offerto l’occasione per riflettere su alcuni dati che è bene non dimenticare anche da oggi in avanti, soprattutto perché è già avviato un tavolo di confronto tra Governo e sindacati sulla riforma pensioni che potrebbe contribuire a colmare il gap esistente tra uomini e donne anche in campo previdenziale. Il Giornale di Vicenza ha per esempio ricordati, tramite le parole di Chiara Bonato, Segretaria generale del locale Spi-Cgil, che le pensionate mediamente percepiscono la metà di quanto incassano i pensionati. “Le cause di una differenza così marcata sono dovute spesso alla discontinuità di carriera che le donne registrano nella loro vita, per diversi motivi. Come la maternità”, evidenzia Bonato, ricordando altresì che “Percepire una pensione che non ti permette l’indipendenza, costringe la persona a dover rimanere dov’è anche laddove si verifichino episodi di violenza in famiglia”. Vedremo se il confronto tra esecutivo e sindacati porterà anche a misure di riconoscimento del lavoro di cura svolto dalle donne ai fini previdenziali.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI CAZZOLA
In questi giorni, a fronte dell’emergenza coronavirus, sta emergendo anche la carenza di personale medico in Italia. Giuliano Cazzola trova “singolare, però, che, in un momento in cui si va alla ricerca degli errori (vengono denunciati dai media – che ormai non parlano d’altro se non del coronavirus – tagli feroci alla sanità pubblica che stanno al confine del “sentito dire”), nessuno ha il coraggio di ricordare una delle cause recenti delle difficoltà che oggi si riscontrano per quanto riguarda l’adeguatezza degli organici. È una vera e propria omertà della comunicazione, che di quelle cause è stata propagandista acritica. Quali sono stati gli effetti delle controriforme giallo-verdi in materia di pensioni (Quota 100 e dintorni)? A suo tempo furono espresse molte perplessità sull’introduzione di misure di anticipo dell’età di pensionamento perché avrebbero creato dei seri problemi in alcuni settori strategici come la scuola, la giustizia e soprattutto la sanità. A lanciare l’allarme furono proprio i sindacati dei medici e le pubblicazioni specializzate”.
L’EFFETTO DI QUOTA 100 SULLA SANITÀ
L’ex deputato, in un articolo su firstonline.info, ricorda che per via delle misure di riforma pensioni approvate, “la ferita nell’ordinamento pensionistico rimane aperta fino a tutto il 2021 (e fino a tutto il 2026 per la norma che blocca i requisiti per l’accesso al trattamento ordinario anticipato). Pertanto è possibile che il fabbisogno di personale diventi ancora più grave, dal momento che la scelta di rimanere in servizio, in frangenti come l’attuale, richiede un alto senso civico e professionale che sicuramente è stato presente e determinante fino ad ora, ma non è detto che lo sia in futuro”.