LA FAKE NEW SUI TAGLI AGLI ASSEGNI DI APRILE
Se in passato sono circolate fake news su interventi di riforma pensioni, purtroppo ancora oggi, per di più con l’emergenza coronavirus di mezzo, vengono diffuse notizie false in tema previdenziale. Nello specifico ci riferiamo a quanto messo in luce anche da bufale.net, ovvero un messaggio virale diffuso via whatsapp con un falso messaggio dell’Inps in cui si comunica che “a seguito del protrarsi dell’attuale situazione di emergenza, il pagamento delle pensioni per il mese di aprile avverrà in forma ridotta del 50%, per poi essere recuperato integralmente nel mese di agosto”. “Sono molte le misure che l’Inps ha messo in cantiere per l’emergenza COVID19: sanificazione dei locali, modalità di accesso aderenti al nuovo DPCM, comunicazioni con mezzo telematico ove il mezzo fisico sia reso possibile e disagevole… ma non la riduzione delle pensioni”, ricorda il sito specializzato nelle smascherare le notizie false che circolano nella rete. È bene quindi anche far circolare la notizia vera che nessun taglio è previsto per gli assegni Inps in pagamento ad aprile.
L’UTILITÀ DEGLI ASSEGNI DI REVERSIBILITÀ
Con cadenza quasi annuale emergono notizie di una possibile riforma pensioni riguardante gli assegni di reversibilità. Su lavoce.info è stato pubblicato un articolo, estratto da un progetto di ricerca firmato da Giulia Giupponi in cui si mette in luce come “i coniugi superstiti che subiscono una riduzione del beneficio aumentano in modo sostanziale la loro offerta di lavoro, incrementando la partecipazione al mercato del lavoro e posticipando la data di pensionamento. In questo modo compensano la minore prestazione ricevuta con un aumento del reddito da lavoro. Una reazione positiva? Non necessariamente”, in quanto si riscontra “una maggiore propensione all’utilizzo di congedi familiari”, segno che esistono vincoli familiari che rendono gravoso l’aumento dell’offerta di lavoro. La conclusione dell’autrice è che in base a uno studio svolto su dati Inps, “possiamo dire che le pensioni ai superstiti sono ancora oggi uno strumento utile di protezione sociale, specialmente per le fasce più svantaggiate della popolazione”.
LA MOBILITAZIONE DELLE CASE PROFESSIONALI
Le casse private dei professionisti si stanno mobilitando per chiedere una misura non di riforma pensioni complessiva, ma che garantisca la parità di trattamento in questo momento di difficoltà legata all’emergenza coronavirus. Come segnala Il Sole 24 Ore, infatti, il Governo “ha riservato ai soli professionisti delle zone rosse iscritti alla gestione separata Inps i 500 euro straordinari, riconosciuti per tre mesi, tagliando fuori tutti i professionisti ordinistici che versano alle Casse private”. La Cassa ragionieri ha già deciso di sospendere i pagamenti contributivi degli iscritti residenti o con studi nella zona rossa e anche quella dei commercialisti ha preso una decisione analoga. Tuttavia questo può porre dei problemi se aumenterà il numero di comuni coinvolti. Del resto, come spiega il Presidente di Cassa Forense Nunzio Luciano, “il nostro obiettivo primario è pagare le pensioni”, cosa per la quale servono appunto i contributi degli iscritti. Da qui il pressing sull’esecutivo perché il provvedimento preso non si limiti agli iscritti all’Inps.
I PROBLEMI DI UN CALO DELL’ECONOMIA
Negli ultimi giorni l’emergenza coronavirus si sta intrecciando con il dibattito sulla riforma pensioni. Claudio Romiti, sull’Opinione delle libertà, ricorda che “nella malaugurata eventualità di una pestilenza prolungata che paralizzasse letteralmente il Paese e, di conseguenza, l’intera economia, si produrrebbe di riflesso una gigantesca voragine nel bilancio dello Stato”. Questo perché, “in estrema sintesi, con una spesa pubblica complessiva di circa 900 miliardi, di cui gran parte di natura corrente, mancherebbero i quattrini sufficienti per pagare stipendi e pensioni. Anche perché vorrei ricordare ai più distratti, come diceva la compianta signora Thatcher, non esistono i soldi pubblici, ma solo i soldi dei contribuenti. E se questi ultimi non arrivano secondo le quantità previste, vuoi perché le aziende chiudono in massa e vuoi perché le persone consumano e si spostano molto meno, non puoi pensare di ricorrere ad altri prestiti per tappare le inevitabili falle”. Dunque se le cose si mettono male per l’economia, si mettono male anche per il sistema pensionistico.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI GIANNINI
In un articolo pubblicato su Affari & Finanza, l’inserto economico di Repubblica, Massimo Giannini ricorda i tagli alla sanità che sono stati fatti negli ultimi anni. “Conveniva questa cura da cavallo, mentre cresceva di anno in anno la spesa per le pensioni?”, si chiede il giornalista, che sottolinea il fatto che “abbiamo una spesa previdenziale tra le più alte d’Europa rispetto al Pil: 233 miliardi, il 16,6%. Questa dinamica non riflette solo i vizi del sistema politico, che premia i vecchi e non i giovani, ma anche un’evoluzione demografica sfavorevole”. Giannini cita quindi il fatto che “Salvini volle a ogni costo Quota 100, Di Maio lo seguì allora e lo segue anche oggi, mentre Zingaretti non sa imporgli una retromarcia”. Il risultato di tutto questo è che tale misura di riforma pensioni “ci costerà 9 miliardi in tre anni”.
LE RISORSE STANZIATE PER QUOTA 100
Certo, la scorsa settimana si è saputo che il 2019 si è chiuso con un deficit all’1,6% del Pil, sotto le attese, ma le cose sarebbero andate meglio se non ci fossero state “nuove prestazioni sociali in denaro”, ovvero, nota Giannini, le “erogazioni di pensionamenti anticipati collegati a Quota 100 Se avessimo tenuto questo fieno in cascina (risparmiando 5,2 miliardi solo quest’anno) oggi avremmo più risorse per coprire i buchi degli ospedali, dove mancano 8 mila specialisti. È matematica, non ideologia”. Una riflessione che è stata proposta in maniera diversa anche da alti commentatori in questi giorni: la riforma pensioni con Quota 100 è stata dannosa per il sistema sanitario sotto diversi punti di vista.