Il silenzio, è uno dei più banali luoghi comuni, “fa un rumore assordante”. Stasera a Milano il silenzio non fa rumore, per assurdo è silenzioso anch’esso. E’ qualcosa di peggio. E’ una assenza. In cielo c’è una luna piena che in altre occasioni, grazie anche al cielo limpidissimo, sarebbe apparsa maestosa. Stasera no. E’ un presagio di malaugurio, in mezzo agli alti palazzi di periferia sta lassù come un monito, come una maledizione, spande intorno ad essa una corona di luce abbagliante. Osserva. E giudica.
Non passa una macchina, non passa un motorino. Neanche i tram, nella vicina linea, che sferragliano a notte fonda con un rumore fastidioso, antico e insistente. Sono anche loro assenti.
A sinistra c’è un giardinetto, da decenni occupato da un gruppo di ragazzi delle case popolari là dietro, che generazione dopo generazione hanno fatto di questo spazio il loro territorio, tanto non passa mai la polizia a dir loro di allontanarsi, da quando uno è morto accidentalmente durante una retata. Loro hanno minacciato di reagire contro le forze dell’ordine e gli abitanti del quartiere, si è trovato un tacito accordo. Niente più retate e potete rimanere in questi giardinetti. Un po’ come in zona di guerra, dve si trovano accordi fra le parti belligeranti. E chi paga siamo noi, i cittadini “onesti”. Da quei giardini per tutta notte o quasi ogni sera c’è casino: macchine che arrivano ad alta velocità inchiodando, fastidiosa musica hip hop che pompa a tutto volume, grida e schiamazzi.
Ma stasera non ci sono neanche loro, “i drùgàà”. Incredibile. Anche loro rispettano le ordinanze contro il coronavirus. Sono tutti a casa. E poi sui giornali scrivono che la colpa della diffusione del virus è dei giovani che non hanno voluto rinunciare ad ammucchiarsi sui Navigli, nei locali, nei bar. Adesso i bar sono chiusi, come le osterie di fuori porta e “ la gente che ci andava a bere fuori o dentro è tutta morta”. Il silenzio è sempre inquietante. Si può morire di questo silenzio che ci divide uno dall’altro. Inutile che qualche ricco cantante o presentatore in televisione ci dica che dobbiamo stare a casa, hanno scelto i testimonial peggiori di sempre nella storia della pubblicità. Noi stiamo chiusi in quattro in 50 metri quadri, loro se ne stanno nelle ville con piscina come il resto dell’anno. Quando non si capisce più come comunicare, quando non si sa più comunicare i risultati sono questi.
E la luna continua a osservare. “Vedo sorgere una luna cattiva vedo problemi in arrivo vedo terremoti e lampi oggi vedo brutte cose non andare in giro stasera sento la voce della rabbia e delle rovine non andare in giro stasera potrebbe toglierti la vita”.
No, non c’è nessuno in giro stasera, non c’è neanche un kebab aperto e i convogli corrono vuoti nelle gallerie della metropolitana come impazziti, senza una guida, senza una sosta, senza una meta. E’ la prima notte di coprifuoco a Milano.
Domani sarà un altro giorno. Dicono che quando finirà tutto cambierà. Che saremo più buoni, più gentili, più affettuosi. C’è chi dalla quarantena lancia messaggi del tipo “darei qualunque cosa per un abbraccio, adesso”. Ma non si può. Ce lo hanno vietato. Vengono in mente tutte le persone sole a casa. Ma sole proprio. È che se hai una famiglia con cui passare la quarantena ti stringi a quell’affetto e non ti sembra di combattere da solo, anche se in realtà è proprio così. Se sei solo sei solo proprio, non puoi inventare storie di condivisione.
Lontano nel buio una musica spezza il silenzio. E’ il suono del silenzio. Domani sarà un altro giorno: “Ciao oscurità mia vecchia amica sono venuto di nuovo a parlare conte perché una visione che striscia dolcemente ha lasciato i suoi semi mentre dormivo e la visione che è stata impiantata nel mio cervello è ancora qui nel suono del silenzio. In sogni irrequieti camminavo da solo strade strette a ciottoli sotto l’alone di un lampione quando i miei occhi sono stati pugnalati dal lampo di una luce al neon che divise la notte e toccò il suono del silenzio. Il silenzio come un cancro cresce Ascolta le parole che potrei insegnarti Prendi le mie braccia affinché io possa raggiungerti Ma le mie parole come gocce di pioggia silenziose caddero E riecheggiò Nei pozzi del silenzio E la gente si inchinò e pregò il dio neon che hanno creato E il cartello emise il suo avvertimento Nelle parole che si stava formando E il segno diceva: “Le parole dei profeti Sono scritte sui muri della metropolitana E sussurrò nei suoni del silenzio”.
Ma davvero dopo saremo cambiati? Ma ora che tutti ci scansano, che tutti ci tengono a distanza, che tutti ci guardano con sospetto, come ci si sente nel ruolo di non più protagonisti ma di diversi? Domani è un altro giorno. Aspettiamo il tram. “Sì, ho visto la carezza del Nazareno. È successo su un tram di Milano, tanti anni fa“.