L’Europa è diventata l’epicentro mondiale della pandemia che nel frattempo si sta diffondendo anche in America. “È ormai nella sua quintessenza, una questione globale”, ha scritto l’Economist. Eppure fino a questo momento in Europa è stata affrontata in ordine sparso, e negli Stati Uniti il presidente Trump vuol chiudere i confini contro quello che ha chiamato “il virus straniero”. Se questo atteggiamento non cambia, le conseguenze sanitarie ed economiche potrebbero essere catastrofiche.
Un appuntamento chiave per capire la linea che seguirà la politica europea della pandemia sarà domani a Bruxelles. Gli occhi di tutti e in particolare quelli degli italiani, sono rivolti alla riunione dei ministri dell’Eurogruppo che partirà dalla comunicazione (così chiamata in gergo eurocratese) della Commissione, anticipata dalla presidente Ursula von der Leyen. “Siamo di fronte a uno choc gigantesco – ha detto -. Sarà temporaneo, dobbiamo fare in modo che sia il più breve possibile”. Per fronteggiarlo, le linee guida proposte sono: “massima flessibilità” su aiuti di stato, “ampi margini di manovra” sul patto di stabilità e 8 miliardi di garanzia per 100 mila imprese nell’Ue. Ci saranno poi ulteriori interventi fino a 37 miliardi di euro: non sono nuovi fondi, ma stanziamenti già previsti e non utilizzati. Invece, occorre denaro fresco, anche indebitandosi sotto la garanzia della banca centrale. Quanto all’Italia “siamo pronti ad aiutarla con tutto quello di cui ha bisogno e tutto quello che chiederà”. Un atteggiamento senza dubbio positivo, ben diverso da quello mostrato dalla presidente della Bce Christine Lagarde, ma basterà? La domanda è chiaramente retorica a risposta negativa. È chiaro a tutti che non basterà.
L’errore di fondo che ha commesso la Bce e che rischia di commettere la commissione Ue sta a monte, nell’analisi della crisi condensata in quell’aggettivo: temporanea. Certo che lo è, e speriamo tutti che l’intervallo di tempo sia il più breve possibile, ma è chiaro che lo choc (sociale, economico e persino politico) è molto vasto ed è evidente che provocherà una recessione le cui conseguenze si ripercuoteranno sull’intero anno per trascinarsi automaticamente sul 2021. Tutti lo sanno, quel che non riusciamo a capire è quanto profonda sarà la caduta. Poche settimane fa veniva stimato un tasso di crescita dell’1,4%, adesso è molto probabile una discesa di un punto percentuale e speriamo che si fermi lì. Per contrastarla occorre mettere in campo misure ampie, coraggiose, incisive, decise insieme e coordinate nella loro realizzazione tra la Commissione, alla quale spetta la politica di bilancio, e la Banca centrale europea titolare della politica monetaria.
Per quanto riguarda la prima, deve varare un pacchetto di aiuti ben più consistente che 8 miliardi, mettendo mano a tutti i fondi esistenti e introducendo strumenti nuovi (sarebbe ottimo se venissero finanziati con titoli speciali tipo eurobond, ma purtroppo sono stati uccisi nella culla ed è difficile che oggi vengano riesumati in fretta); inoltre, deve consentire ai vari Paesi di spendere quanto è necessario (whatever it takes) per bloccare il doppio choc: da domanda e da offerta. La “massima flessibilità” non basta, c’è bisogno di una sospensione del Patto di stabilità. Anch’essa sarà temporanea, ma il suo effetto dovrà essere prolungato fino al prossimo anno.
Anche la politica monetaria deve spingersi molto più in là. Prendiamo l’acquisto di titoli: i 120 miliardi di euro annunciati sono davvero pochi se pensiamo che Mario Draghi era arrivato a oltre 900 miliardi. Inoltre, deve essere chiaro con le parole (abbiamo visto quanto contano) e con i fatti, che non saranno consentiti attacchi ai debiti sovrani, tanto più dei paesi più fragili perché altamente indebitati. È quel che ha detto e fatto Draghi dal 2012 in poi. In terzo luogo, la Bce deve fornire liquidità alle banche in modo illimitato e a tassi minimi, vicini a zero, come ha deciso Draghi non appena insediato nel novembre 2011. La sua politica monetaria ha funzionato contro lo choc finanziario. Quello attuale riguarda anche la produzione, quindi richiederà sforzi maggiori.
C’è una linea ortodossa (quella tedesca, per intenderci), secondo la quale ciò appesantisce ancor di più la Bce il cui bilancio si è gonfiato a dismisura, mettendo a repentaglio i risparmi, ancor più se di riffe o di raffe si condivide i debiti. La preoccupazione è seria, abbiamo visto per esempio che la politica dei tassi negativi incide negativamente sui bilanci delle banche. Ma questi sono ragionamenti che prescindono dall’emergenza. C’è tempo per ogni cosa e questi sono davvero tempi bui.
Il Governo tedesco, del resto, alla fine se ne è reso conto se è vero che spenderà 550 miliardi di euro per sostenere le sue imprese. I 20 e passa miliardi dei quali sta discutendo il Governo italiano sembrano noccioline. È chiaro che non basteranno, occorre aumentarli, quindi sarebbe meglio farlo subito. Lo sblocco dei fondi non utilizzati su base europea dovrebbe aggiungere altri 10,5 miliardi che comunque sarebbero spettati all’Italia. Se ci sono soldi dormienti da mettere in circolo, ben vengano. Tuttavia oggi c’è bisogno di più denaro fresco. E questo impatta direttamente sul disavanzo e sul debito, ecco perché il Patto di stabilità va congelato e poi sbrinato con cura e con calma, seguendo una linea che porta inevitabilmente a una revisione, o meglio a una riforma comprendente quanto meno la possibilità di escludere dal conteggio gli investimenti pubblici produttivi volti a contrastare la caduta del ciclo economico, non solo le spese straordinarie. Ma questo lo vedremo quando verrà l’alba, perché adesso la notte è ancora fonda.