Il clima di questi giorni ha un sapore amaro e parlare di festa del papà forse un po’ stride… Forse per la prima volta, dopo tanti anni, sarebbe più conveniente limitarsi a pregarlo, San Giuseppe, papà per antonomasia, e chiedere a Lui la grazia di liberarci dal flagello di questo virus che in poco tempo ha mietuto vittime più di una guerra.
Eppure sempre più spesso, proprio in questo periodo così duro, ci sta capitando – sono in tanti a dirlo – di riscoprire certi aspetti della vita quotidiana rimasti per anni sopiti, se non addirittura dimenticati: la vita gomito a gomito con un ménage rigorosamente circoscritto ai soli componenti del nucleo familiare e, nel contempo, l’esperienza inedita del lavoro da casa, su piattaforme virtuali quasi mai finora esplorate.
Così questa prossimità, mentre ci mostra il suo volto più crudo, le sue spigolosità prima che il suo calore, arriva al punto di dettarci l’inesorabile scorrere del tempo: un tempo stranamente scandito dai ritmi naturali della giornata dove tutto sembra rallentato e ovattato senza che però… fuori nevichi!
Non c’è, insomma, il fuggi fuggi convulso successivo al risveglio del mattino, la colazione delle 13 non va deserta come succede sempre nei giorni “normali” quando a casa non c’è mai nessuno perché tutti sono sempre prevedibilmente altrove e la sera non si devono fare i turni per cenare, visto che non si arriva più ad orari diversi: si è sempre e tutti presenti!
In questo clima, inutile fingere, è quasi inevitabile – tanto più quando la convivenza è tra genitori e figli – considerare l’altro come un corpo estraneo contro cui si finisce prima o poi per cozzare, perché un po’ ci soffoca, ci urta, ci opprime, ci innervosisce. Il tutto mantenendo, si sa, la debita distanza!
Nascondono tuttavia, queste ore, alcuni suggerimenti che non ci conviene ignorare, ma che anzi, potranno rivelarsi una risorsa propizia pur dentro il consumarsi del dramma. Occorrerà però il coraggio e la lealtà di volerli scoprire.
Forse proprio per questo ha senso, oggi più che mai, festeggiare i papà dedicando loro un’attenzione particolare.
Abbiamo pensato di farlo chiedendo aiuto a Van Gogh, che fissa sulla tela l’immagine di un padre proteso nel gesto di accompagnare la figlioletta a compiere i suoi primi passi. Si tratta è vero di un uomo d’altri tempi, che vive certo in un altro contesto, ma nel quale a ciascuno sarà facile riconoscersi.
Nell’immobile quiete di una campagna assolata, si commuove la terra per un istante di tenerezza. Spalanca le braccia il padre contadino verso la bimba che gli si protende. Trema nella creatura l’impeto ancora ingenuo di un desiderio già misteriosamente grande che cancella di schianto ogni distanza. Ci appare così più solidamente sorretta dal padre che neanche dalle braccia della madre curva su di lei per consentirne il precario equilibrio.
La spoglia ferialità quotidiana fatta dei poveri attrezzi da lavoro come la pala e il carretto, partecipa all’inconsueto spettacolo di questi… primi passi. Alle spalle dell’orto, la dimora fresca d’ombra e di pace, custodisce – nel silenzio sovrano del tempo che si consuma – la paziente alacrità di questi genitori stupiti.
Ogni particolare, senza peccare di sommarietà, risulta tuttavia appena abbozzato come appena abbozzata è questa giovane vita che già comincia a compiersi, sia pur con qualche incertezza, nei primi passi verso suo padre.
Allora: a tutti i papà di questo tempo così avaro di pazienza e di tenerezza, così spesso frettoloso e distratto, così centrifugato e convulso, auguriamo di vivere i giorni di vita in casa non per forza, ma per amore. Forse sarà l’occasione che li aiuterà a riscoprire quello che canta Jovanotti in un suo famoso brano: “La faccia / di mio padre prende forma sullo specchio lui giovane io / vecchio le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio / “la vita non è facile ci vuole sacrificio un giorno te ne / Accorgerai e mi dirai se ho ragione” arriva il giorno in / Cui bisogna prendere una decisione e adesso è questo giorno…” (Jovanotti, La linea d’ombra).