Dopo questo primo periodo di quarantena collettiva, insieme alle prime misure a sostegno dell’economia, arrivano le prime proiezioni sugli scenari che ci troveremo ad affrontare quando sarà possibile ritornare alla normalità.
Sia negli scenari che ritengono possibile la ripresa delle attività in tempi brevi come in quelli che prevedono una ripresa solo fra un anno avremo una distruzione di capitale e di capacità produttiva che fa pensare a un periodo post-bellico più che a una nuova fase della crisi economica che si trascina dal 2008 fra alti e bassi.
Il richiamo che spesso viene fatto del Piano Marshall ha proprio questa volontà di indicare come sia necessario pensare in modo diverso a una strada per la ripresa. Va allora ricordato che quel piano aveva l’obiettivo di fare uscire al più presto da una situazione di povertà e disoccupazione i Paesi europei che avevano avuto i maggiori danni bellici.
Gli aiuti erano di due tipi: assicurare l’accesso alle materie prime indispensabili per la ripresa della produzione industriale e beni di prima necessità che venivano donati in modo che lo Stato, attraverso la vendita, ripagava (5%) la logistica e con il resto (95%) copriva il debito pubblico e finanziava programmi di ricostruzione delle opere pubbliche.
La spinta all’unità europea che venne dall’attuazione di quel programma era dovuta alla convinzione che nessuno da solo sarebbe riuscito a realizzare piani di lotta a povertà e disoccupazione di tale ampiezza. Vi è oggi bisogno della stessa forza di convinzione per poter affrontare il futuro immaginando nuovi parametri economici che pongano le basi per un ulteriore passo avanti nell’integrazione europea.
Chi oggi pensa che non si debbano rottamare i parametri di spesa sta dalla parte dei populisti e dei nemici dell’apertura e della globalizzazione, in nome di regole economiche che strozzerebbero anche le economie più forti.
Ma come ne usciremo da questa nuova “guerra”?
I primi provvedimenti presi in questi giorni e in itinere rispondono alle emergenze immediate: sostegno finanziario alle imprese, allargamento della platea dei beneficiari degli ammortizzatori sociali, sostegno alle famiglie che devono farsi carico della custodia dei figli avendo chiuso tutte le scuole di ogni ordine e grado.
Servirebbe da subito un comitato tecnico-politico che studi un programma di misure su scala nazionale ed europea per la ripresa della crescita economica e sociale con il ritorno alla normalità.
Dobbiamo cominciare da oggi a occuparci del post emergenza Covid-19, degli strumenti e delle risorse necessarie per affrontare le macerie e iniziare la fase di ricostruzione partendo dal tessuto economico ancora in vita quando riapriranno i luoghi di lavoro. Come?
Rimettendo in moto le attività produttive e le catene di fornitura; lanciando un piano straordinario di opere pubbliche; riattivando le condizioni per una reddittività, tenendo conto della contrazione dei redditi dei consumatori e il relativo cambiamento delle consuetudini; se la “digitalizzazione forzata” ha obbligato cambiamenti organizzativi e processi produttivi, attivati in emergenza, sarà l’occasione per introdurre le nuove modalità offerte dalle nuove tecnologie, con un particolare “accanimento” nella Pubblica amministrazione.
Troveremo attività che non godevano di ottima salute, che avranno accelerato il processo di chiusura, ma saremo favorevolmente sorpresi dalle nuove iniziative imprenditoriali cresciute: dal fare patrimonio dello sforzo del sistema sanitario, per affrontare nuovi rischi sconosciuti; dall’internalizzare pezzi di filiera, in modo da non dipendere dallo stato di salute di altri Paesi e da rischi di possibili nuove pandemie; dallo sviluppo di servizi e di attività con l’utilizzo delle nuove tecnologie; dal rilancio del settore agricolo e della filiera industriale.
E nel sostegno alla ripresa dovremo favorire il salto per una impresa 4.0 e per la diffusione regolata del lavoro agile.
Appare evidente che prioritario sarà il confronto con l’Europa. Può essere opportunità per rilancio dell’unità europea o avvio di un declino. Il lancio di eurobond per sostenere la ripresa post-quarantena sarebbe base per una politica di maggiore integrazione e di sviluppo.
In ogni caso per rilanciare le politiche per il lavoro e lo sviluppo servono risorse finanziarie, gli interventi del Governo per tamponare gli effetti della recessione, in assenza di una cornice di impegni e di garanzie offerta dalle istituzioni europee, rischiano di destabilizzare i debiti pubblici con effetti speculativi devastanti.
È però possibile da subito mettere a disposizione della ripresa tutti i residui di fondi europei che in ambito nazionale e regionale non sono ancora stati spesi. Si tratta di alcune decine di miliardi che, previa ricontrattazione dell’accordo di partenariato per rimuovere vincoli di finanziamento diretto alle imprese, possono essere velocemente riprogrammati per rispondere alle priorità di sostegno economico dei diversi settori economici.
Va rivista anche la scelta bancocentrica dei crediti per le imprese. Vi è bisogno che le associazioni di rappresentanza possano tornare ad avere un ruolo nel sostegno al credito attraverso una normativa per i cofidi che li sleghi dai parametri parabancari e si restituisca così al mercato uno strumento essenziale per la crescita delle PMI.
Diciamo spesso che noi italiani diamo il meglio nelle emergenze. Si tratta adesso di dimostrarlo anche nei prossimi mesi.