“È mia convinzione che non ci sia stata un’attenta considerazione di come il settore rappresentato da Federmacchine sia concatenato con quelle attività e servizi, giustamente ritenuti essenziali, che si vogliono mantenere in funzione”. E uno dei passaggi della lettera d’allarme inviata al presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, da parte di Giuseppe Lesce, leader di Federmacchine, poche ore dopo la decretazione di un virtuale “coprifuoco produttivo” a firma del governo. Federmacchine raggruppa 5.200 imprese riunite in 12 associazioni di imprese produttrici di beni strumentali con oltre 190mila addetti.
“Prendere una posizione di questo tipo a mezzanotte del sabato, senza un confronto – per il quale non mi sembra sia mancato il tempo – con le parti direttamente coinvolte, mi sembra realmente estemporaneo e inadeguato alla gravità della situazione e all’importanza della decisione” lamenta Lesce nella lettera, prima di affrontare numerose e serie questioni di merito. “Solo per citare due settori principali serviti dalla comunità Federmacchine, se si vuole garantire il settore alimentare (cibo e bevande) ed il settore farmaceutico, occorre garantire il corretto funzionamento delle macchine di processo e confezionamento (packaging, plastica, grafica…), quindi l’assistenza tecnica, la produzione di eventuali parti di ricambio (macchine utensili, fonderie…). Se una parte di attività si può fare in telelavoro – non certo la produzione di pezzi – occorre garantire, all’interno delle aziende, il corretto funzionamento dei sistemi informativi”.
“Non trovo comprensibile – sottolinea ancora il presidente Federmacchine – che si possa fare attività sportiva (ancorché in un raggio di 200 metri) o si possano acquistare le sigarette (non credo che il fumo faciliti la funzionalità dei polmoni), mentre si mettere a rischio che crolli il sistema alla base della distribuzione di alimenti e farmaci”.
Prima di chiedere al vertice Confindustria “di intervenire perché ciò che mettiamo a rischio è il funzionamento del Paese”, Lesce non manca di ricordare “le nostre responsabilità globali in queste catene di fornitura: giacché le imprese manifatturiere dei nostri comparti esportano oltre i due terzi di ciò che producono”.