“No al Mes sotto qualsiasi forma, trattato infernale che mette a rischio i risparmi ed il futuro degli italiani”. È la richiesta avanzata al governo Conte dal centrodestra, in occasione del vertice a palazzo Chigi. E poi “tutela economica di tutti i lavoratori, partite Iva comprese, non solo di alcuni. Liquidità e stop alle tasse per le imprese, soprattutto quelle più piccole. Soldi subito ai comuni, per aiutare i sindaci ad essere vicini a tutti i loro cittadini. Difesa delle aziende italiane, che rischiano di essere comprate sottocosto da multinazionali straniere”.
Certo si è parlato a lungo dei tanti problemi legati alla gestione della emergenza coronavirus, ma non c’era certo bisogno di riunire i nuovi capi del centrodestra Meloni e Salvini ed un imbarazzato portavoce di Forza Italia, Tajani, per sentire ribadite le richieste che già gran parte della maggioranza rivolge al governo.
La vera divergenza è una volta di più sul rapporto con l’Europa, cui si accoda seppur di malavoglia la stessa Forza Italia, a rimorchio del duo salvin-meloniano, considerando i troppi silenzi dell’ex presidente del Parlamento europeo durante la riunione.
Dichiarazioni niente affatto corrette da una telefonata del nizzardo Berlusconi, che dall’esilio francese ha pronunciato frasi definite dallo stesso Conte ai suoi collaboratori come fuori dalla realtà. Il centrodestra italiano è ormai a trazione nazionalista e nella battaglia della comunicazione che tracima dal doloroso calvario del paese cerca di rintuzzare la caparbietà con cui Conte si intesta la gestione della emergenza, aumentando per di più il suo consenso personale.
Da venerdì a sabato (sera dell’ultima diretta) la pagina Facebook del premier è cresciuta di mezzo milione di seguaci. Da 1 milione 657mila a 2 milioni e 127mila. Nella serata di ieri è balzata a 2 milioni 143mila. In tanti hanno messo il like soltanto per seguire la diretta sulla presunta chiusura delle fabbriche. Ieri sera i tre moschettieri dell’opposizione quindi hanno provato ad improvvisare davanti a Palazzo Chigi, muniti di mascherina chirurgica, un recupero di spazio politico in termini di comunicazione. Nel frattempo nelle stanze del primo piano Conte si affrettava a dare a Gualtieri chiare disposizioni su tempi e modi di chiusura del dossier Mes in Europa, ben prima di quando giovedì sarà accolto dalle Camere per una informativa sui decreti di questi giorni.
C’è una consequenzialità ormai crescente e gravissima fra l’attuale precarietà parlamentare, la fuga del Governo nei Dpcm di Conte e, oramai, la commistione fra comunicazione istituzionale e personale. Neanche ai tempi delle slides di Renzi eravamo arrivati a tanto! Qui non siamo nemmeno ai decreti legge “salvo intese”, siamo ben oltre. E ieri dietro l’apparente convergenza in favore dei bisogni della nazione si è consumato l’ennesimo equivoco. Se Conte evoca uno scenario tragico al punto da mettere in ombra le insufficienze del governo, Salvini rilancia facendo capire che non ci sarà via di uscita per l’Italia se verrà approvata la riforma del Fondo salva-Stati.
In questa situazione surreale Conte ha buon gioco. Si mostra disponibile con le opposizioni pur avendo già deciso ogni cosa, accontenta Mattarella che vuole una gestione condivisa della crisi, ma soprattutto fa ciò che realmente lo persuade e cioè occupa la scena con insistenza, nel timore che le intese sotterranee tra i sempre più numerosi congiurati di maggioranza e opposizione arrivino a disarcionarlo proprio quando finirà il dramma sanitario e la quarantena degli italiani. Ma ieri, guardando dall’alto delle finestre del palazzo le figure piccine dei capi politici suoi oppositori qualcuno lo ha sentito commentare: “finché il centrodestra sono questi, i più pericolosi restano Renzi e Franceschini”.