Mentre si continua a discutere sulla chiusura di altre attività economiche considerate non essenziali, oltre a quelle già previste dall’ultimo decreto del presidente del Consiglio, c’è attesa per i nuovi provvedimenti che il Governo prenderà ad aprile dopo le polemiche e le critiche sorte per alcune misure inserite nel cura Italia giudicate insufficienti o dannose per il mondo produttivo. «È essenziale che le attività produttive riprendano in tutti i possibili settori, altrimenti ci mancheranno le basi economiche per risolvere il problema sociale, umano, sanitario e anche assistenziale che si è determinato. È fondamentale poi per il futuro imparare a convivere con questo virus, perché non sappiamo con certezza se vi sia il rischio di una nuova ondata di contagi e il vaccino non c’è ancora. Dobbiamo quindi metterci nell’ottica che bisogna continuare a produrre, soprattutto in Italia», ci dice Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie.
Perché questo è particolarmente importante per il nostro Paese?
Perché mentre la Germania aveva un eccesso di capacità di spesa non utilizzata, grazie al surplus di bilancio, e ora spendendo di fatto sta portandosi in equilibrio, l’Italia avendo già un debito elevato e un deficit quasi esclusivamente di parte corrente non può pensare di usare ancora tante risorse per la spesa corrente. Dobbiamo pensare quindi il più possibile allo sviluppo produttivo.
In che modo concretamente?
Manca nell’attuale visione del Governo, ma mi sembra anche nell’opposizione, la necessità di investimenti. Non si può pensare a un intervento solo assistenziale, altrimenti dopo aver fatto ulteriori debiti come li ripagheremo? Ci vuole una semplificazione modello Genova per un piano di infrastrutture che creano lavoro, reddito, garanzia di sviluppo futuro e, pensando al fronte sanitario, un aiuto a combattere malattie come il coronavirus. Le infrastrutture hanno anche il vantaggio di poter essere finanziate con i fondi europei.
Il decreto cura Italia è stato criticato per la scelta di rinviare il pagamento di tasse e contributi solo per le imprese sotto i due milioni di fatturato e per uno scarso sostegno ad autonomi e partite Iva. Cosa ne pensa?
Mi sembra che siamo di fronte a un intervento che non riesce a risolvere i problemi di tutti, né tutti i problemi di coloro di cui ci si è occupati. Secondo me, sul fronte fiscale questa era l’occasione non per fare dei rinvii, ma per semplificare in modo strutturale il sistema. Non serve molto spostare il pagamento di un’imposta se chi deve versarla nel frattempo non sa se riuscirà a produrre e ad avere ricavi. È molto meglio adottare una prospettiva di medio termine e, oltre alla sospensione del pagamento, prevedere una riduzione permanente di un tributo. Per esempio, nel campo dell’edilizia commerciale se avessimo una flat tax del 20-22% e nello stesso tempo non ci fosse l’imposta sul registro sui trasferimenti immobiliari, è chiaro che si darebbe una prospettiva di miglioramento a chi ora sta soffrendo.
Nel frattempo però bisognerebbe far fronte a un mancato gettito…
In molti casi si può avere più gettito in seguito, perché l’attività economica respira. Se poi riduciamo le imposte che danneggiano l’economia, certamente le chance di ripresa aumentano e con esse il gettito che arriva da altri tributi. Se c’è più scambio c’è più Pil e se c’è più Pil si riduce anche il rapporto debito/Pil, grazie anche al fatto che aumenta l’inflazione. In questo modo il mancato gettito pesa meno.
Dunque in vista del prossimo decreto con misure economiche bisognerebbe puntare su investimenti in infrastrutture e riduzione delle tasse.
Esatto, è un errore essere solo assistenzialisti e concedere delle dilazioni che non servono ad altro che a guadagnare tempo. Io credo che la Lega dovrebbe tornare a chiedere di introdurre ora la flat tax per il mondo produttivo. Se non prendiamo i giusti provvedimenti corriamo un serio rischio.
Quale?
Di vederci comprare le imprese dall’estero e di non aver l’energia necessaria per la ricostruzione, anche perché non avremo nessuno Piano Marshall europeo. Quello del dopoguerra ce l’hanno dato gli americani, ma non per bontà d’animo, ma per evitare che finissimo nella sfera di influenza sovietica. In Europa c’è invece chi gioisce dei nostri guai sapendo che così può mettere le mani sulle nostre aziende.
(Lorenzo Torrisi)