La situazione a Bergamo è così grave a causa del Coronavirus che i più anziani non vengono rianimati. L’epidemia è fuori controllo. È quanto denunciano tredici medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. Hanno scritto una lettera, tradotta dal docente di Economia della Sapienza Fabio Sabatini e pubblicata sul “New England Journal of Medicine Catalyst Innovations in Care Delivery”. La lettera, dal titolo “Nell’epicentro di Covid-19”, racconta una città al collasso, dove i sanitari lavorano senza sosta vedendo morire centinaia di persone ogni giorno. «A Bergamo l’epidemia è fuori controllo. Il nostro ospedale è altamente contaminato e siamo già oltre il punto del collasso: 300 letti su 900 sono occupati da malati di Covid-19». I medici scrivono anche che più del 70 per cento dei posti in terapia intensiva sono occupati da malati gravi di Covid-19 che hanno una «ragionevole speranza di sopravvivere». Quanto raccontato dai medici è terribile se consideriamo che l’ospedale è una struttura all’avanguardia.
BERGAMO, MEDICI DENUNCIANO “ANZIANI NON VENGONO RIANIMATI”
I tredici medici dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII nella lettera spiegano che Bergamo, nonostante sia una città piccola rispetto a Milano, è diventata epicentro dell’epidemia di Coronavirus. «La situazione è così grave che siamo costretti a operare al di sotto dei nostri standard di cura. I tempi di attesa per un posto in terapia intensiva durano ore. I pazienti più anziani non vengono rianimati e muoiono in solitudine senza neanche il conforto di appropriate cure palliative». I medici nella lettera denuncia parlano anche di un sistema sanitario regionale che «contribuisce alla diffusione del contagio, poiché le ambulanze e il personale sanitario diventano rapidamente dei vettori». Gli operatori sanitari, dunque, diventano portatori asintomatici del Coronavirus o si ammalano senza alcuna sorveglianza. «Alcuni rischiano di morire, compresi i più giovani, aumentando ulteriormente le difficoltà e lo stress di quelli in prima linea». I tredici medici quindi avvertono: «Questa epidemia non è un fenomeno che riguarda soltanto la terapia intensiva, è una crisi sanitaria e umanitaria».