Ha chiuso anche il mondo della musica dal vivo, come è giusto, come hanno chiuso i campionati di calcio e di ogni altro sport che vedeva riunirsi tutti insieme migliaia a di spettatori. Sui siti web e sui social appaiono impietosi avvisi: “rimandato a ottobre”. Da qui al prossimo autunno saremo privati di una delle cose più belle che ancora ci restavano, andare a un concerto. Maledetto virus.
Il modo come la gestione della cosa viene attuato lascia però più di una perplessità, anzi, più di una incazzatura. Di norma, un biglietto viene rimborsato quando l’evento viene cancellato per cause superiori (malanno dell’artista, ad esempio). In questo caso nessun biglietto già comprato per spettacoli previsti da marzo fino ad agosto verrà rimborsato, con la scusante che il concerto non è cancellato, ma “posposto”? Quando? Solo qualcuno è in grado di dirlo. L’affollamento previsto il prossimo autunno di eventi è gigantesco, mediamente se ne prevedono più di uno al giorno, sempre se si sarà in grado di tenerli, sperando che le condizioni che ci tengono a casa siano superate davvero il che, visto come vanno le cose non è detto che avvenga già per allora. E sempre che le persone ritrovino il coraggio di ritrovarsi in migliaia una schiacciata all’altra, cosa che anche questa non è scontata per niente, data la paura che questa emergenza ci ha messo dentro. Paura giustificata. Gli esperti dicono che il coronavirus potrebbe ripresentarsi più avanti ma, dicono, sperano nel vaccino. Un vaccino, dicono altri esperti, ci vogliono anni per farlo. Sono tempi oscuri.
Tornando ai biglietti già acquistati, chi scrive ne ha comprati diversi, per familiari e amici, per i previsti concerti di Nick Cave e Patti Smith, rispettivamente il 4 giugno e il 30 luglio. Di nessuno dei due gli organizzatori italiani hanno detto nulla, solo Cave in persona ha annunciato che il tour è rimandato, ma da parte di chi ha incassato i soldi nessun avviso. Dicevamo che il rinvio di un evento non costringe a rimborsare se, sia chiaro, viene annunciato dove e quando ci sarà il concerto sostitutivo. In un momento storico come questo, poi, dove tutti stringono la cinghia, dove molti non prendono più lo stipendio, un gesto di buona volontà da questi personaggi ce lo potevamo aspettare. Restituire cioè i soldi in attesa che l’orizzonte si faccia più chiaro.
Tutto questo è la conseguenza dell’infame e vergognosa abitudine, ormai in atto da tempo, di mettere in vendita i biglietti anche un anno prima dell’evento, non si sa per quale motivo se non per riporre al sicuro in banca il capitale per farlo fruttare. A nostre spese ovviamente. E causare il sold out, con le conseguenza della vendita “pirata” online come denuncia da tempo l’unico promoter italiano che ha preso le difese del pubblico pagante, Claudio Trotta della Barley Arts. Tale prevendita anticipata è un autentico furto: che ne so io cosa farò e dove sarò, se sarò ancora vivo, nel settembre dell’anno prossimo? Che garanzie ho? La gente, la maggioranza, purtroppo subisce senza batter ciglio.
C’è anche chi ha avuto il coraggio di avvisare, a proposito di alcune date rinviate, che “chi non vuole più andare al concerto può rimettere i biglietti in vendita online”. Eh? Ma a chi li vendo, a mia sorella? E se ce li hanno già tutti? No, è l’organizzatore che deve farsi carico di questi disagi, non possiamo noi acquirenti pagare il suo eventuale danno. Un imprenditore è una persona che fa “impresa” a suo rischio e pericolo, non con i soldi del cliente.
In questo quadro, tantissimi artisti di tutto il mondo stanno cominciando a organizzare piccoli concerti da casa. E’ una piccola consolazione, ma tant’è. Vengono trasmessi in streaming su piattaforme come Instagram, con un sacco di problemi tecnici, che ci dicono quanto l’idolatrato mondo di Internet sia sostanzialmente ancora una schifezza, dal punto di vista tecnologico.
Personalmente fa molta tristezza vedere certe star dal bordo della piscina della loro lussuosa villa cantarci una canzone o due. Quello che la musica dal vivo è, una comunione tra artista e pubblico, decade, si smaterializza, si impoverisce. E’ come un ologramma da un pianeta lontano. Altri si trovano invece davanti quel pubblico che non hanno mai avuto: per noia da isolamento un’occhiata al cantautore improvvisato la diamo. C’è una sorta di narcisismo e auto compiacimento che fa inevitabile capolino in molti di questi video.
Ma soprattutto, ed è questa la cosa più grave, i musicisti cominciano ad ammalarsi anche loro. Jackson Browne, il leggendario cantautore della California anni 70, lo ha detto lui stesso in una intervista su Rolling Stone, si trova in isolamento perché positivo al virus. Larry Campbell, già chitarrista per un decennio di Bob Dylan e visto in concerto recentemente in Italia con la moglie, è anche lui positivo. E’ morto il celebre sassofonista africano, Manu Dibango. I musicisti, con tutti i contatti che hanno quando si muovono in tour, sono tra le categorie più a rischio. E pagano, in America, ma presto lo vedremo anche in Inghilterra, le folli decisioni di Trump e Boris Johnson di ignorare l’epidemia fino all’ultimo.
Non dobbiamo avere paura. Tutto questo finirà, ma non sappiamo quando e cosa porterà. Negli androni di palazzi deserti risuonano, al momento, le profetiche parole di uno che ci ha lasciato in tempo, con un codice e una mappa da seguire, se vogliamo sopravvivere. Lui sapeva già tutto.
Ci sarà la rottura dell’antico
Codice occidentale
La tua vita privata esploderà improvvisamente
Ci saranno fantasmi
Ci saranno incendi sulla strada
E l’uomo bianco che balla
Vedrai una donna
Stare appesa a testa in giù
I suoi lineamenti sono coperti dal suo abito caduto
E tutti i piccoli poeti schifosi
In arrivo
Provano a suonare come Charlie Manson
E l’uomo bianco che balla
La bufera di neve, la bufera di neve del mondo
Ha superato la soglia
E si è capovolto
L’ordine dell’anima
Quando hanno detto (hanno detto) pentirsi (pentirsi), pentirsi (pentirsi)
Mi chiedo cosa volessero dire