Roberto Burioni non ci sta: il 57enne medico e divulgatore scientifico pesarese, divenuto da qualche anno una star dei social anche per via del modo polemico di affrontare online determinati argomenti, torna a fare chiarezza su alcune sue vecchie dichiarazioni a proposito della diffusione della pandemia da Coronavirus e del rischio che correva l’Italia. Infatti nelle ultime settimane uno degli sport prediletti nel nostro Paese, indipendentemente dallo schieramento politico e quello giornalistico o scientifico, è il rinfacciarsi previsioni che si sono rivelate errate oppure troppo ottimistiche, e lo stesso Burioni come si ricorda aveva detto il 2 febbraio che “in Italia il rischio è zero”: e in un post apparso poco fa su suo profilo Instagram e in cui rilancia un intervento pubblicato sulla sua seguitissima pagina Facebook, “Medical Facts”, il medico ammette umilmente stavolta di non essere un veggente ma che alcune sue parole sono state travisate. “Non è il momento per il ‘io l’avevo detto’, ma siccome vengo attaccato per una mia dichiarazione (quella sopra riportata, NdR) è mio dovere difendermi e rispondere” scrive Burioni, ricordando che lui stesso l’8 gennaio 2020 avvertiva dell’imminente pericolo in arrivo dalla Cina.
ROBERTO BURIONI, “NON SONO UN VEGGENTE: DISSI ‘ITALIA A RISCHIO ZERO’ PERCHE’…”
“Era il 22 gennaio quando in una intervista a Linkiesta io dicevo che ‘Le autorità europee hanno affermato che il rischio che il virus arrivi in Europa, e particolarmente in Italia, è minimo: io non sono per niente d’accordo con loro ma spero vivamente di sbagliarmi” continua Burioni nel suo post ricordando anche i suoi interventi del 27 gennaio a Radio 24 nel programma “Melog”, in cui sosteneva che non bisognava far arrivare il virus in Italia dal momento che si trasmette in maniera veloce e sembra causare una malattia di una certa gravità. E poi torna sul punto che gli preme: “Io ho fatto l’affermazione ‘In Italia in questo momento il rischio è zero’ il 2 febbraio perché in quel momento le autorità ci dicevano che il virus da noi non c’era” precisa, scaricando di fatto però la colpa su quelle autorità che non avrebbero avuto secondo lui la capacità di prevedere che lo stesso virus sarebbe stato trovato diciotto giorni dopo. E conclude con “Ma io sono un medico, non un veggente: e questa incapacità di predire il futuro è effettivamente un mio limite” ricorrendo all’ironia ma lasciando la questione ancora aperta dal momento che lega la sua incapacità di predire quello che poi è accaduto alle responsabilità altrui.