Allora, le cose stanno così: per venire fuori da questa doppia emergenza sanitaria ed economica dobbiamo agire diversamente da come abbiamo sempre fatto. Non c’è istituzione – europea, nazionale, locale – che possa essere di aiuto se non cambia passo e comportamenti. Una bella consolazione. La Banca centrale europea non può abbandonare – come avrebbe voluto la sua presidente Christine Lagarde – il pensiero eretico che aveva condotto Mario Draghi a varare il Quantative easing. Anzi, deve moltiplicare gli sforzi e continuare a creare moneta a costo zero da trasferire al mondo delle banche.
Queste ultime, le banche, confortate da una garanzia pubblica, devono mandare in soffitta le restrittive disposizioni degli accordi di Basilea per evitare di traboccare di denaro fresco senza poterlo passare al sistema produttivo che, fiaccato dalla pandemia, non sarebbe in grado di presentare i conti in ordine.
La Commissione europea deve sospendere l’efficacia del Patto di stabilità e crescita e lasciare che i Paesi in difficoltà, come l’Italia, possano sforare senza temere sanzioni il rapporto tra deficit e Pil per recuperare a debito le risorse che servono a tamponare le falle che si sono aperte col virus. L’Unione europea dovrà rassegnarsi a mettere in comune una parte del debito degli Stati membri, almeno quella che serve a fronteggiare l’emergenza e a sostenere la ripartenza, abbandonando il tabù degli Eurobonds se vuole conservare un minimo di ruolo e la legittimazione a esistere di fronte ai popoli.
Le Istituzioni italiane e i partiti di ogni colore devono ricredersi sulla bontà dell’adagio dell’uno vale uno per riscoprire il valore insostituibile della competenza. Scienziati, medici ed esperti a vario titolo prendono il sopravvento sui soloni improvvisati che per troppo tempo e in troppi campi hanno fatto danni.
Si fa strada la consapevolezza che su scuola, università e ricerca occorre puntare senza indugio con risorse adeguate perché sempre di più tra i fattori di successo di qualsiasi organizzazione ci sarà la qualità del capitale umano. Ci si accorge dell’importanza della formazione come fattore di crescita.
Si restituisce dignità ai giornali di carta stampata e al lavoro dei giornalai che appena il giorno il prima dell’esplodere dell’epidemia erano considerati – in entrambi i casi – inutili e superati dalla marcia trionfale della rete. Si va alla ricerca di notizie verificate, sono messe al bando le fake news.
Per riaccendere il motore dell’economia cresce l’accordo politico sul rilancio degli investimenti nelle infrastrutture, strategiche e non, che servono a recuperare competitività. Ma per riaprire i cantieri occorre sospendere il Codice degli appalti e procedere spediti senza l’impaccio di lacci e lacciuoli.
Si prende coscienza che con una burocrazia come quella che ci ritroviamo (più abituata a difendere le proprie prerogative che a servire i cittadini), i tempi biblici che accompagnano ogni decisione e l’invasività di certa magistratura non si può andare da nessuna parte e si invocano rimedi.
Insomma, in presenza di un avvenimento straordinario ed eccezionale come quello che ci troviamo ad affrontare il re si presenta nudo. E il suo armamentario di leggi, regolamenti, consuetudini e cattive abitudini si mostra per quello che è: un fardello insopportabile del quale dobbiamo liberarci al più presto.