Sta facendo molto parlare un articolo comparso su Vox e firmato da Alice Wong, editor di un libro che uscirà il prossimo giugno e parla della visibilità delle persone disabili, come lei è: la donna, americana di origine asiatica come si è definita all’inizio del suo scritto, ha voluto parlare della condizione sua e delle persone portatrici di handicap ai tempi del Coronavirus, dicendosi fondamentalmente preoccupata per la possibilità che, sostanzialmente, sia lasciata morire. Il suo intervento è davvero molto lungo, pertanto proveremo a riassumere: di fatto, la Wong inizia raccontando la sua situazione di disabile e parlando delle grandi difficoltà che, cosa che riguarda anche i malati e gli immunodepressi, toccano ogni giorno; poi ha descritto la sua condizione, rivelando di vivere su una sedia a rotelle con un ventilatore non-invasivo che, collegato alle batterie della sedia e insieme ad una maschera collegata ad un tubo, le permettono di respirare. “Ogni volta che mi muovo suscito pietà e sconforto da parte di molti” ha detto, dicendo che questa è la norma.
Ora però c’è anche il Coronavirus con cui fare i conti, e Alice dice che nelle ultime tre settimane abbondanti lei e la famiglia sono rimaste a San Francisco; bisogna fronteggiare l’emergenza negli ospedali che, purtroppo non è una novità, si stanno saturando ed è per questo che la Wong si dice preoccupata. Ha citato un bollettino che parla della non-discriminazione durante la pandemia (rilasciato dall’Ufficio dei Diritti Civili presso il Dipartimento Federale della Sanità) ma questo non toglie la preoccupazione e l’incertezza della donna, che si sente “sul fondo della lista”. Viene citato un post scritto per il The American Journal of Bioethics nel quale, sostanzialmente, viene riportata la differenza di sguardo tra persone disabili e normodotate, e riguardo questo parla anche dell’Eugenetica che “è ancora viva oggi, insita nella nostra cultura, politica e aspetti pratici”. Insomma: c’è una sorta di razzismo medico, questa l’accusa che muove la Wong.
“I dibattiti sulle cure sanitarie svelano come la nostra società svaluti le popolazioni vulnerabili”: sono ovviamente accuse forti quelle di Alice, che ha anche voluto affermare come ci siano alcuni stati che giudicano le cure portate a dementi, malati di cancro, disabili intellettuali e molti altri come non necessarie, perché si valuta che non apporterebbero benefici. “Per me è tutto personale e politico” dice la Wong, che poi affronta nel concreto il tema Coronavirus: “Dovessi essere contagiata, immagino che un dottore leggendo la mia cartella clinica mi guarderebbe e penserebbe che io sia una perdita di sforzi e risorse”, fino a toglierle il ventilatore per darlo ad altri pazienti che abbiano più possibilità di me. Da qui si passa a parlare del tema delicato della “qualità della vita”, che secondo Alice è uno standard basato sul fatto che una “buona vita” sia quella senza disabilità, dolore e sofferenze. Su questo, ci sentiamo di essere d’accordo ma per l’appunto l’argomento è davvero delicato, e non si può certamente esaurire in queste poche righe; di fatto, la denuncia di Alice Wong vale la pena essere approfondita.