Anche Alessandro Manzoni, se tornasse in vita, rimarrebbe colpito dalle immagini provenienti dalla città costiera ecuadoriana di Guayaquil, la capitale morale del Paese, dove agli abitanti si sono sommate le forze armate per trascinare cadaveri fuori dalle case. In un primo momento si pensava di metterli in fosse comuni, ma il Presidente Lenin Moreno ha ribadito la volontà di tumulazioni individuali. Il bello però, vista la situazione di estrema emergenza sanitaria dovuta al coronavirus, è sapere quando, visto che i corpi non possono stare all’aria aperta per tempi lunghi.
Nonostante i numeri limitati degli infettati (3.368 con 145 morti) il Covid-19 ha letteralmente infestato la seconda città più grande del Paese principalmente per tre motivi: in primo luogo l’altissima emigrazione verso Italia e Spagna ha favorito un flusso di persone che sono tornate senza subire dei controlli seri negli aeroporti, figurarsi una quarantena. Che invece è stata decisa dal Governo del Presidente Lenin Moreno in forma originale. Colpito, come altri mandatari, dal dilemma tra economia e salute pubblica, Moreno ha deciso per una via di mezzo alquanto folcloristica: limitare la quarantena negli orari (dalle 13 fino alle 5 del mattino) e permettere la movimentazione a seconda del sesso a giorni alterni. Mettiamoci pure che anche qui, come in tutti i Paesi latini, le direttive non sono state molto seguite e il quadro della situazione è quasi completo: manca solo il dato che l’assistenza sanitaria non è in grado di reggere anche una situazione normale, con gli ospedali pubblici che si riempiono facilmente. Le cifre ufficiali del contagio poi si riferiscono solo ai casi assistiti negli ospedali e non ai tantissimi che non riescono a trovare posto in un’assistenza medica fuori di ogni controllo.
Anche l’intervento dei militari è sostanzialmente deficitario sia perché il numero delle forze presenti è limitato, sia perché è obiettivamente difficile trovare luoghi dove seppellire individualmente le salme, con i cimiteri che non hanno più nemmeno un centimetro di terra a disposizione.
Anche in Argentina il numero ufficiali sia dei contagiati (1.353) che dei morti (42) sono bassissimi, ma pure qui bisogna mettere in conto la bassissima quantità di analisi effettuate. Dopo aver bloccato solo i voli diretti dall’Italia (considerata all’inizio di marzo il Paese più a rischio, non avendo l’Argentina collegamenti aerei con la Cina), lasciando quasi senza controlli i passeggeri in transito, successivamente si è proceduto sia al blocco totale del traffico aereo che all’inizio di una quarantena alquanto singolare. Perché ha riguardato la chiusura di gran parte delle attività sia commerciali che economiche, lasciando aperti supermercati, negozi di alimentari, farmacie e… ferramenta (?).
Sorprendente la chiusura totale delle banche in un Paese dove sia le pensioni che i sussidi alla povertà vengono pagati agli sportelli bancari, aprendo solo quelli automatici che si sono quasi subito trovati senza contante. Anche un pollo avrebbe capito che una situazione del genere, oltretutto estesa fino a Pasqua, avrebbe provocato problemi sociali grandissimi in due classi deboli come i poveri e i pensionati. E difatti, con una decisione che a moltissimi è parsa addirittura criminale (e in un certo senso vista la situazione lo è), improvvisamente venerdì scorso si sono aperte le banche per i pagamenti sopra citati: risultato? Più di dieci milioni di persone si sono affollate davanti agli istituti di credito con file chilometriche che sono iniziate addirittura la notte precedente l’apertura. Mettendo a rischio di contagio non solo anziani e poveri, ma mandando letteralmente a schifio tutto lo sforzo di isolamento fatto durante la quarantena dalla maggior parte della popolazione, con un raduno massivo altamente prevedibile e pericolosissimo dal punto di vista sanitario.
Evidentemente, nonostante gli slogan profusi durante la campagna elettorale, al Governo peronista e kirchnerista del Presidente Alberto Fernandez sia dei poveri che dei pensionati (come della salute della gente) non importa assolutamente nulla. A seguito delle proteste, invece di procedere attraverso pagamenti a domicilio regolati dal sistema postale, si è protratta l’apertura delle banche fino a mercoledì prossimo, fine settimana incluso, dividendo la massa in gruppi contraddistinti dal numero finale di documento per il pagamento, con il risultato di altre file di indigenti nel corso della notte, perché la paura di tutti è che la banca rimanga senza contante, come già accaduto ieri.
Insomma l’ennesima dimostrazione di un potere politico che, anche quando azzecca due decisioni giuste, riesce sempre a trovare il modo di distruggerne i benefici con l’ignoranza sulla conoscenza del Paese… in nome del popolo, si capisce.