Edoardo Valli è uno dei 109 medici italiani vittime del Coronavirus. Ginecologo molto apprezzato a Roma, nonché ricercatore e docente all’università di Tor Vergata. Dopo 35 anni di onorata carriera, il dotto Valli, dirigente medico per quasi due decenni al Fatebenefratelli purtroppo è deceduto arrendendosi alla malattia dopo aver lottato per un mese esatto. Era lo scorso 8 marzo quando, dopo una settimana bianca in Trentino Alto Adige, iniziò ad avvertire i sintomi del Coronavirus, poi l’aggravarsi della malattia in attesa del tampone, il ricovero a Tor Vergata ed il trasferimento in terapia intensiva al Gemelli prima del triste epilogo. Oggi, ciò che resta del dottor Valli è un testamento amarissimo rappresentato dai suoi sfoghi con i colleghi e soprattutto una frase postata su Facebook che nelle ultime ore sta circolando in rete e contenente le parole che il dottore avrebbe scritto prima della morte, confidando la sua ansia e la preoccupazione. Stando alla foto che circola (lo stato non sarebbe più visibile sul suo profilo), riportata anche da Corriere della Sera, lo sfogo sarebbe stato scritto lo scorso 14 marzo: “Vedi, fanno tampone a Zingaretti, Porro (Nicola, il giornalista tv, ndr), Sileri (Pierpaolo, il viceministro della Sanità, anche lui contagiato, ndr) io ho febbre da tre gg stasera 38,7 ma chiamato il n Regionale mi dicono con questi sintomi non è necessario stai a casa (grazie) e se peggioro chiamare il 118! Boh spero che scenda preso Tachipirina già sto sudando ma faccio il medico boh”, scriveva.
EDOARDO VALLI MEDICO MORTO PER CORONAVIRUS: LA SUA ODISSEA
Le parole del dottor Edoardo Valli lasciano senza fiato e giungono in questi giorni in cui è stato posto l’accento su un tema molto delicato, quello della solitudine dei medici impegnati in tutta Italia nella battaglia contro il Coronavirus ed in molti casi esposti al rischio concreto di morte o contagio a causa della mancanza di adeguate protezioni o dei ritardi nella diagnosi nei loro riguardi. L’ennesimo medico morto per il Coronavirus lascia moglie e due figli, i quali hanno scelto la via del silenzio e del massimo riserbo. “E’ stata un’odissea”, è la sola frase che trapela. Ed il riferimento, secondo la ricostruzione degli amici e colleghi, è legata al saliscendi delle condizioni di salute. Solo dopo il 14 marzo, secondo la ricostruzione, in seguito alla crescita di febbre e malessere, il medico era riuscito a sottoporsi al tampone recandosi personalmente al policlinico Tor Vergata accompagnato dalla moglie. Il tampone aveva dato esito positivo ed aveva fatto scattare il ricovero Il 18 marzo un miglioramento tale da far pensare alle dimissioni, prima del nuovo peggioramento in seguito ad una crisi respiratoria che ha portato al trasferimento d’urgenza al Gemelli dove è stato intubato e dove è morto il 9 aprile.