Facendo i debiti scongiuri, la situazione in Campania e nel resto del Sud rimane sotto il livello di guardia. Nonostante quello che si paventava la mattina dell’8 marzo, quando in migliaia hanno lasciato la Lombardia per rifugiarsi nelle case di origine, è un fatto incontrovertibile che il virus circola molto più lentamente sotto il Po.
Vincenzo De Luca ha a portata di mano un grande successo: essere riuscito a tenere in piedi una sanità regionale ridotta allo stremo, dopo oltre dieci anni di commissariamento e di cure draconiane. Il governatore della Campania ha immediatamente preso il controllo della situazione e i cittadini – un po’ sorridendo per le sue battute, un po’ spaventati per i suoi ordini tassativi – alla fine gli hanno dato retta e hanno rispettato il lockdown.
Che De Luca avesse la tempra per affrontare situazioni difficili era facile prevederlo. Lo ricordo giovane segretario della federazione del Pci dopo il terremoto dell’80. Con la stessa tenacia e con uno spiccato senso dell’organizzazione, affrontò con coraggio e la stessa determinazione le ore più difficili del dopo sisma, quando interi paesi della valle dell’Irno erano crollati ripiegandosi su se stessi, e si dovevano scavare i morti e soccorrere i vivi rimasti senza più niente. Era seduto accanto a Berlinguer quando, dopo aver costatato con i propri occhi i ritardi dello Stato nei soccorsi, il segretario nazionale del Pci annunciò la fine di ogni possibilità di accordo con la Dc.
De Luca in una delle sue recenti conferenze stampa – in diretta Facebook e con una media di oltre 500mila visualizzazioni – aveva previsto il picco per Pasqua: “raggiungeremo i 3.500 contagiati, e dovremo aspettarci circa 350 persone in terapia intensiva”. Ha centrato in pieno la prima previsione, mentre da giorni i ricoverati in terapia intensiva non superano i 200. In questo modo le strutture hanno retto decisamente bene e non vi sono state le scene di disperazione che si attendevano. Il governatore ha avuto, con sobrietà, il modo di replicare a quanti avevano previsto il peggio, definendoli dei “porta-jella”. “Non era scontato che saremmo riusciti ad affrontare questa situazione – ha ammesso – ma ci siamo riusciti con grande rigore e serietà, chiedendo il contributo di tutti”.
Va anche detto che la minore pressione verso le strutture ospedaliere al Sud ha avuto origine da quanto visto accadere in Lombardia e dal timore diffuso di perdere i propri cari senza più rivederli. Sono infatti moltissime le persone che hanno richiesto di curarsi a casa e le famiglie hanno di buon grado sopportato la difficoltà di assistere i propri malati e tutelare gli altri membri, pur di avere vicino i propri cari. Molti amici mi hanno raccontato che, dopo aver visto le immagini dei camion militari in partenza da Bergamo con le bare di centinaia di deceduti che non si riusciva a cremare sul posto, è riemerso tra gli anziani il rifiuto della cremazione, una pratica ancora poco accettata nel Mezzogiorno.
Infine, occorre ricordare che tra qualche settimana l’emergenza finirà e non è assolutamente scontato che i cittadini si ricorderanno di quanto fatto i questi giorni. Anzi, tenderanno a rimuovere dai loro ricordi questo periodo cosi difficile. La ripresa richiederà ben altro spirito e una visione diversa.
Se si può dare un consiglio a De Luca, gli ricorderei proprio come andò a finire nel 1980, quando nelle nostre zone contammo oltre 3.500 vittime. Per mesi la solo presenza dei volontari provenienti da tutta Italia, della Chiesa, dei sindacati e delle forze di sinistra consentì di organizzare i soccorsi, smistare gli aiuti, accudire gli sfollati in un moto collettivo di solidarietà che plasmò un’intera generazione. Passata l’emergenza, la priorità divenne la ricostruzione, la vita necessariamente riprese il suo corso normale, arrivarono anche molti soldi, e con essi le vecchie pratiche e i vecchi notabili, che ripresero rapidamente il loro posto e il controllo della situazione.
L’emergenza non è mai sinonimo di futuro, rimane fissa nei nostri ricordi come un momento difficile, e soprattutto la ricorderemo come un momento della nostra vita dove la libertà fu sospesa e si dipendeva esclusivamente dagli altri. La ripresa è al contrario sinonimo di libertà, di bisogno di normalità, di indipendenza. Al rilancio della nostra economia ben poco potranno contribuire le manieri forti, le regole rigide, la disciplina di questi giorni.
De Luca, e tutti quelli che oggi stanno dando battaglia per sconfiggere l’epidemia, devono averlo ben presente, e dovranno essere bravi a cogliere l’attimo in cui tutti insieme dovremo necessariamente cambiare passo.