Dopo l’Eurogruppo del 9 aprile il Meccanismo europeo di stabilità (Mes) si trova al centro di una narrazione quasi inestricabile. Chi lo difende perché l’Europa ha sempre ragione, chi lo trasforma in una polizza sanitaria, chi ne riscrive la storia, chi si discolpa, chi propone di uscire dal Trattato.
Per Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, da sempre critico sul Fondo salva-Stati, “il dibattito è concentrato sui 36 mld del Mes come se l’Italia fosse un paese in bolletta e non avesse risorse per cavarsela da sola”. Falso: queste risorse ci sono e stanno nelle banche italiane. “Se quei soldi si potessero mobilizzare, magari attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, con 300 mld di investimenti privati potremmo far ripartire il paese, senza preoccuparci di Mes, eurobond o coronabond”.
Ha preso gradualmente corpo un nuovo concetto di Mes “senza condizionalità”. È lo stesso Fondo salva-Stati di cui su questo giornale parliamo da tre anni? O c’è stata una mutazione e non ce ne siamo accorti?
Non è avvenuta nessuna mutazione perché senza una modifica del Trattato Tfue e del Trattato Mes non c’è mutazione di cui si possa parlare. Il Mes è lo stesso del 2012 e non è cambiato di una virgola. Chi dice certe cose cerca di presentare all’opinione pubblica nazionale una batosta come un quasi pareggio.
E quello che chiedeva l’Italia?
Di quello che chiedeva l’Italia non si è avuto niente a parte qualche mezza riga, strappata a forza, e che non ha nessun valore giuridico. Di farci prestare, in tempi di tassi negativi, 33 o 36 mld che siano (il 2% del Pil) a prezzo di favore possiamo fare tranquillamente a meno. E finché la Bce fa il suo lavoro, come sta facendo, non ne abbiamo neanche bisogno.
Eppure, per il presidente dell’Europarlamento David Sassoli il “vecchio Mes” non c’è più: “il Fondo salva-Stati che conosciamo diventa un fondo salva salute” (Repubblica). Cosa sta succedendo?
Succede che, se non si hanno altre fonti, si parla ripetendo in televisione la nota che ti hanno passato. Parlare di nuovo Mes e vecchio Mes semplicemente non ha senso. Nel migliore dei casi è inconsapevolezza: nel peggiore è propaganda per nascondere lo scarto fra le dichiarazioni roboanti di Conte e i risultati miserandi di Gualtieri. Sul quale, poi, andrebbe fatto un discorso a parte. Ho già detto che il ministro Gualtieri è un coraggioso. È un Orlando che copre la ritirata di Roncisvalle ed offre il suo petto impavido agli strali contro l’Europa. Ho molta simpatia per lui.
Come commenta il punto 16 riguardante il Mes del comunicato diffuso dall’Eurogruppo il 9 aprile?
Dico che lì c’è scritto che quei 33/36 mld che ci presterebbero sarebbero vincolati a finanziare spese sanitarie. E che comunque nell’erogazione di questo credito – e nel controllo del rientro – si dovrà seguire la disciplina del Trattato (“The provisions of the ESM Treaty will be followed”). Capirà che successo.
Perché dice questo?
Perché il Mes non è una finanziaria che decide liberamente se e a chi dare i soldi, come una qualunque banca privata. Forse chi dice certe cose non si è letto i Trattati, e non sa che il Mes può fare solo certe cose e non altre. E cioè linee di credito precauzionali, rifinanziamento di sistemi bancari nazionali e rifinanziamento di bilanci statali attraverso interventi sul mercato primario o secondario. Cosa sarebbe il “fondo salva salute”? Una linea di credito precauzionale?
La verità?
La verità è che questa trovata politica, saltata fuori per dare qualcosa in pasto ai giornali, è tutta fuori dal Trattato. E rischia di essere portata in Corte costituzionale in Germania come già nel 2012. Come fai a spiegare agli elettori tedeschi e olandesi che i loro soldi sono stati impegnati per finalità diverse rispetto a quelle scritte nel Trattato? Cosa gli vai a dire? Che i loro governi hanno sottoscritto quattro righe che in Italia chiamano “Mes Light” e che sulla base di quello devono usare i loro soldi? Cos’è, una bevanda ipocalorica? Dopo quella, il 23 aprile ci diranno di aver sottoscritto un “Mes Zero” nel quadro di un programma europeo di prevenzione del diabete post coronavirus? Cerchiamo di essere seri, per cortesia. Hanno ragione a riderci in faccia.
Perché la Germania e i suoi satelliti vogliono il Mes a tutti i costi? Lo abbiamo detto, ma in questa circostanza conviene ripeterlo.
Perché non solo i Trattati sono fondati sul divieto di mutualizzazione del debito, ma anche sul divieto di mutualizzazione del rischio di credito. Insomma, moneta unica, ma bilanci pubblici separati e nazionali e niente scherzi. Questi erano i patti del 1992, e questi sono. C’è poco da dire. Se vuoi fare qualcosa di diverso, tipo gli eurobond, si cambiano i Trattati. Non è complicato da capire. E poi che il Mes lo voglia la Germania non è nemmeno vero.
E allora chi lo vuole?
Lo vuole fondamentalmente il suo direttore generale, Klaus Regling, che ormai parla come un esponente politico di primo piano. Lo usa il Governo italiano per propaganda interna, per dire di avere ottenuto qualcosa, quando quei 36 mld sono esattamente ciò che fino ad una settimana fa si diceva di non volere. E lo tollerano quei paesi che, di fronte ad una richiesta di solidarietà di Francia, Italia e Spagna, ti offrono 36 mld di Mes per spese sanitarie in cambio di un piano di rientro. E cioè niente.
Mettiamo per un attimo da parte Conte e il suo governo. Cosa dovrebbe fare l’Italia? Revocare il trattato Mes? E votarsi a quale proposta?
Guardi che i Trattati non si revocano così, dall’oggi al domani. Un Trattato è il contratto di uno Stato con 18 altri Stati. Si figuri se un Trattato si revoca con legge. Ma lei revoca un contratto? Al massimo non paga più e fa una trattativa. Il punto è che noi abbiamo già pagato e, in nome dell’Europa, abbiamo pagato a favore di altri. Mi auguro sia una provocazione politica. Del resto l’altra sera abbiamo scoperto in diretta tv da Conte che il Mes l’avrebbero voluto nel 2012 Salvini e la Meloni.
Monti il giorno dopo ha scritto sul Corriere che in realtà il Mes sarebbe un’invenzione di Tremonti, che l’avrebbe sentito nominare in Eurogruppo e non si sarebbe opposto.
…Mentre lui, che era al governo nel 2012, l’avrebbe solo approvato. E che l’avrebbe fatto solo per evitare la Troika all’Italia. È chiaro che ormai, fra Trattati da revocare e quelli approvati due anni prima del tempo, siamo ai Confini della Realtà. Lasci le lettere maiuscole, per favore… Anzi, quei confini li abbiamo ampiamente sfondati.
Intanto la Bce sta acquistando a più non posso titoli italiani. È una soluzione solo temporanea e soprattutto possiamo attenderci che continui? Il Pepp insomma basterà?
La Bce sta facendo egregiamente la sua parte, stabilizzando il mercato, come se fosse una vera banca centrale. Ed infatti, acquistando di tutto, dai titoli greci a quelli italiani, sta regalando tempo prezioso. I problemi in Italia arriveranno più avanti, quando il programma di acquisti straordinari terminerà, e in Italia saremo a -15% sul Pil, con disoccupazione diffusa e famiglie che non arrivano a fine mese. Sa qual è la cosa più fastidiosa?
Ci dica.
Che ormai il dibattito è concentrato sui 36 mld del Mes come se l’Italia fosse un paese in bolletta e non avesse risorse per cavarsela da sola. Sul Corriere di domenica 5 aprile un signore che di banche ne sa qualcosa, Giovanni Bazoli, ha spiegato che in Italia ci sono fermi “4.374 mld di attività finanziarie delle famiglie (contro 926 mld di passività), 1.840 mld di attività finanziarie delle società non finanziarie; contro 2.409 mld di debito pubblico”. Sa cosa vuol dire? Che l’Italia non è solo un paese ricco, ma tiene ferme nelle sue banche il tesoretto d’Europa, frutto del lavoro del passato. Capisce dov’è il cuore del problema?
È la nostra ricchezza privata.
L’Italia è, per stock, un paradiso del retail mondiale. Noi non lo sappiamo, ma fuori d’Italia lo sanno molto bene. Per questo resistono tanto: perché sanno che di soldi fermi ne abbiamo tanti, e più di loro. Se quei soldi si potessero mobilizzare, magari attraverso la Cassa Depositi e Prestiti, come va ripetendo da un pezzo Giulio Tremonti, noi non solo non dovremmo avere problemi di coronavirus, ma con 300 mld di investimenti privati potremmo far ripartire il paese, senza preoccuparci di Mes, eurobond o coronabond. E mettere a dormire una volta per tutte il problema del debito pubblico.
E perché non si fa?
Per diverse ragioni. La prima è che non c’è una classe politica adeguata. Chi avrebbe, in Italia, la faccia per andare a chiedere la sottoscrizione di un prestito da 300 mld in un clima di ricostruzione? Conte? Gualtieri? Il massimo che si può fare è parlare di una patrimoniale, come ha fatto qualcuno nei giorni scorsi, solo per il piacere di far scappare la gente. Del resto questo è un governo che si regge sullo stato d’eccezione, che non può essere sfiduciato perché il Parlamento – meglio, la sua maggioranza – ha lasciato campo libero al Governo, e al Governo si cerca di affiancare la strana Commissione Colao.
Che viene già vista come una specie di governo supplente.
Infatti. Non è che in Italia le risorse non ci siano. È che non c’è una classe politica spendibile per mobilizzarle. L’attuale politica o è piegata alla propaganda del Sogno, o si è chiusa nella semplice contestazione dell’Europa. Un cambio di paradigma la condannerebbe all’estinzione, da una parte e dall’altra. Il risultato è quello che abbiamo sotto gli occhi. Un paese con i depositi bancari più ricchi d’Europa che rischia di andare in concordato fallimentare perché non ha chi lo sa amministrare. Questa sarebbe la strada. Ma non sarà seguita. Capisce ora a cosa servirà, più avanti, il Mes? A risolverci il problema per conto terzi. Ed è una soluzione che pagheremo molto cara. Altro che revoche dei Trattati.
(Federico Ferraù)