La ripresa dell’Italia dopo l’emergenza coronavirus, sarà lenta e complicata. Parola di Vittorio Feltri, che nelle scorse ore ha pubblicato un editoriale sul quotidiano che dirige, Libero, spiegando appunto come avverrà il ritorno alla normalità: “Non facciamoci illusioni – è la premessa del giornalista e volto noto della tv – le aziende italiane, grandi o piccole che siano, riprenderanno l’attività molto lentamente. Esiste un piano del governo, elaborato da una speciale commissione di presunti esperti e che oggi Libero è in grado di anticipare, il quale indica settore per settore il programma di apertura. Dal più minuscolo negozio alle più mastodontiche fabbriche, forniamo al lettore una sorta di calendario della ripresa. Che sarà fiacca e tribolata, poiché domina il terrore di un secondo assalto del virus”. Feltri racconta di una sofferenza che dovrà durare ancora a lungo, nonostante qualcuno abbia pensato che dalla fine di aprile si potesse tornare ad una lenta normalità: “Balle – aggiunge – divieti e limitazioni seguiteranno a renderci la quotidianità complicata”.
VITTORIO FELTRI: “MILLE PROIBIZIONI NELLA NOSTRA VITA”
“Non ci sarà affatto dai primi di maggio una specie di “scarcerazione” collettiva – prosegue il direttore di Libero – tutt’ altro: la nostra vita rimarrà vincolata ed ostacolata da mille proibizioni”. Il giornalista pubblica quindi una tabella circa le possibili aperture, a partire dalle aziende, che avranno il via libera il 18 aprile, quindi il 4 maggio si potrà tornare a circolare ma con mascherine e distanza di sicurezza. Dal 18 maggio toccherà a bar e ristoranti ma con obbligo di rispettare rigide direttive, infine, il 25 maggio, toccherà ai parrucchieri. “Mi pare ce ne sia abbastanza per spararsi alla nuca – conclude in maniera piuttosto ironica Vittorio Feltri – meno doloroso del Covid. L’importante è sapere di che morte dobbiamo morire, visto che campare sarà arduo”. L’unica consolazione, aggiunge il giornalista, è il fatto che vi sono alcuni paesi che stanno peggio di noi: “Noi non siamo gli unici ad aver sottovalutato la violenza del morbo, e confidiamo di essere i primi a tirarci fuori dall’ emergenza. Speriamo”.