Su Novella 2000, Alberico Lemme ha raccontato la sua battaglia con il Coronavirus. Fortunatamente, una battaglia che sembra essere stata vinta ma solo dopo giorni in cui si è anche temuto il peggio. Lemme, farmacista e dietologo, è diventato personaggio popolare in televisione grazie alle frequenti apparizioni a Pomeriggio 5, il talk show condotto da Barbara D’Urso nel quale veniva costantemente messo sotto l’occhio della critica (feroce, come d’abitudine) per i suoi consigli alimentari non propriamente ortodossi e, soprattutto, le sue espressioni colorite anche al limite dell’insulto. Sia come sia, Lemme ha raccontato di aver iniziato il suo calvario da Coronavirus lo scorso 2 marzo, quando la febbre ha raggiunto i 38 gradi. “Come la maggior parte delle persone ho pensato che fosse la solita influenza”, dunque si è curato con un paio di Vivin C. Purtroppo anche passando alla Tachipirina le cose non sono migliorate, e nei due giorni seguenti la febbre che scendeva la mattina si è ripresentata a 38,5 la sera.
ALBERICO LEMME E LA BATTAGLIA CONTRO IL CORONAVIRUS
A quel punto, Lemme ha dovuto prendere provvedimenti drastici: ancor prima delle disposizioni in merito del Governo si è trovato costretto a chiudere le sue strutture, il Ristolemme e la Fabbrica del Benessere; resosi conto che la sua malattia potesse essere effettivamente il Coronavirus, è risalito a “tutti i contatti che avevo avuto nei giorni precedenti” e ha avvisato le istituzioni sanitarie. Prescrizioni osservate alla lettera: nessuno di chi aveva frequentato è risultato essere positivo, mentre lui si è prontamente isolato nel suo monolocale e tenuto sotto controllo la saturazione dell’ossigeno “con il relativo dispositivo digitale che ormai tutti conosciamo”. La situazione, ha detto Lemme, sembrava essere tornata alla normalità ma in realtà il peggio doveva ancora iniziare. E’ stato allora che “una suora, mia guida spirituale, mia figlia Marta, mia sorella Stefania e mia cognata che fa il medico” si sono rese conto della gravità della cosa, e lo hanno fatto ricoverare al San Raffaele.
Qui il dottor Lemme si è trovato nei corridoi per mancanza di posti letto, arrivando in reparto solo tre giorni dopo. Alla fine, la battaglia è stata vinta grazie a “professionalità e abnegazione nel servizio” da parte dei medici dell’ospedale di Tradate, dove è stato trasferito dopo che il professor Alberto Zangrillo e il suo staff di medici e infermieri “mi hanno salvato la vita”. Lemme dice ora di aver vinto la sua battaglia contro il Coronavirus, afferma di essere stato contagiato presumibilmente da qualche cadetto ricevuto in studio e che, nonostante le precauzioni, la positività è arrivata in maniera subdola; da qui l’invito a rispettare tutte le norme sanitarie necessarie, la rivelazione di non averne voluto parlare nei giorni scorsi per non veicolare notizie negative e il messaggio di speranza per un’Italia che dovrà essere riscostruita. “Siamo maestri in questo: ci riprenderemo la vita e le libertà inalienabili che ci spettano”. Bisogna però cogliere il messaggio evolutivo secondo Lemme, “bisogna schierarsi in favore del Bene perché dalla parte del Male ce ne sono già troppi”.