Gli atei e gli agnostici hanno lo “stesso diritto dei fedeli delle diverse religioni di professare il loro credo negativo”, perciò è “vietato discriminarli nella professione di tale pensiero”, del quale possono fare libera propaganda a patto che non offendano la fede altrui. Lo ha stabilito la Cassazione accogliendo il ricorso della Unione atei agnostici razionalisti (Uaar) contro il Comune di Verona che aveva negato loro di affiggere manifesti.
La vicenda risale al 2013, quando l’amministrazione scaligera era guidata dal sindaco Flavio Tosi, ma anche l’attuale giunta del Comune di Verona, guidata da Federico Sboarina, si era costituita in Cassazione per contrastare il ricorso dell’Uaar, ritenendo che il messaggio veicolato dai manifesti potesse essere “lesivo di qualunque religione”.
Questi manifesti – autorizzati invece in altre città – riportavano la parola Dio a caratteri cubitali, con la “D” a stampatello barrata da una crocetta e le successive lettere “io” in corsivo, e sotto la dicitura, a caratteri più piccoli, “dieci milioni di italiani vivono bene senza D e quando sono discriminati, c’è l’Uaar al loro fianco“.
CASSAZIONE: LEGITTIMI I MANIFESTI “ANTI DIO” DI ATEI E AGNOSTICI
Per questo messaggio, la Giunta comunale di Verona il 29 agosto 2013 aveva detto “no” ai manifesti, bocciando la richiesta presentata dall’Uaar il 31 luglio dello stesso anno. L’associazione di atei e agnostici si era dunque rivolta alla magistratura, ma senza successo nei primi due gradi di giudizio. Sia il Tribunale di Roma nel 2015 sia la Corte d’Appello capitolina avevano infatti ritenuto valido il divieto all’affissione da parte del Comune di Verona.
La Suprema Corte tuttavia ha avuto da obiettare e ha ribaltato la situazione. La Cassazione ha ricordato che per il “principio supremo di laicità dello Stato deve essere garantita la pari libertà di ciascuna persona che si riconosca in una fede, quale che sia la confessione di appartenenza, anche se si tratta di un credo ateo o agnostico, di professarla liberamente”. Il diritto di “libertà di coscienza” di atei e agnostici determina il diritto di questi ultimi di fare propaganda “nelle forme che ritengono più opportune”.
L’unico “vincolo” imposto dalla Cassazione è che questa propaganda non si “traduca nel vilipendio della fede altrui” o in “aggressioni e denigrazioni”. Ora la Corte di Appello di Roma dovrà rivedere il suo giudizio e prendere in considerazione la richiesta di risarcimento danni morali avanzata dell’Uaar nei confronti del Comune di Verona per il rifiuto subito sette anni fa.