Sai, quando sei chiuso in casa, se non hai altro da fare provi a pensare; magari ripensi a quello che hai avuto modo di pensare un evo fa, dentro la crisi del 2008: consumatori, siamo uomini o caporali? Si può essere, insomma, individui che fanno, nella fattispecie militare, i caporali o… si è, tout court, solo caporali? Bando alle ciance, veniamo a noi. Siamo individui che consumano o solo consumatori? Siamo cioè esseri che nella quotidiana esistenza si fanno all’uopo lavoratori, mariti, padri, domestici, gente che acquista, pure zuzzerelloni; insomma individui multiformi? Oppure la pratica del consumo totalizza la nostra condizione fino a conformare le nostre identità?
Vedo già accapigliarsi al dilemma i nostri estimatori e detrattori. Se ne diranno di tutti i colori; lasciamoli fare. Io però riposo meno. I palinsesti televisivi hanno abilmente sottratto spazio al mio sonno; più veglio, più possono attrarre la mia attenzione per venderla ai pubblicitari. Al mattino mi sveglia il segnale orario sponsorizzato da un caseario e il “Caffettino di Giorgino” poi, con gli occhi appiccicati, sbircio su giornali raccapezzati elzeviri affaticati tra gli spot pubblicati. Il dentifricio che migliora il mio… sorriso; al “Mulino Bianco” mi colaziono; mi abbiglio e mi indigno con una “moda fatta per passare di moda” per il tempo che passo a rincorrerla facendo tardi al lavoro.
Già, il lavoro. Con i colleghi che mi indottrinano con il loro impavido mostrarsi trendy e il capo che mi racconta gli ultimi acquisti. Alle tredici… Pepè pepè pepepepè la zuppa l’è cotta, si vada a mangiar. A tavola ingurgito oltre il lecito, cibi freschi, conservati, ipocalorici, multivitaminici tanto poi smaltisco il “non consumato” nelle ore passate alla beauty farm. Poi finalmente a zonzo.
Trascorro il mio tempo libero passeggiando su strade lastricate da spazi di affissione, tra vetrine luccicanti, scartando taxi e pullman griffati; tra edifici di reclame incartati, messi lì apposta per istruire il mio ozio. Dopo cotanta istruzione acquisto in ogni dove: questo il dovere mi impone. Poi ufff.. si torna a casa, si cena. Cene light però. Poi la televisione e, giù come se piovesse, informazione recitata con grande solerzia: “consigli per gli acquisti”. Come resistere a cotanta dedizione? Questo è quanto.
Così conciati siamo uomini o caporali? E se fossimo altro? Gente che magari, con fare dilettante, appassionato, inesausto, zavorrato pure da patenti diseconomie, produce i due terzi del Pil, che ribatte colpo su colpo all’eccesso di offerta con un dovizioso surplus di domanda. Solerti in ogni dove. Lavoratori del consumo insomma, altro che “altro”. Eccolo il nostro statuto; tiriamo la carretta a tempo pieno con un fervore che ha bisogno di conforto.
Già Baudrillard ebbe a dire che il “consumatore è un lavoratore che non sa di lavorare”: bene è tempo che lo sappia, che ponga la questione al mercato. Insomma, è il tempo delle rivendicazioni, cosicché quel conforto possa dare ristoro e sprone; la nostra fiducia deve essere rifocillata.
A buon intenditor poche parole, altrimenti sono cacchi. Per tutti!