Non ci resta che il crimine è un film del 2019, con la regia di Massimiliano Bruno, se non la avete visto guardatelo. È una commedia noir tragicomica fuori dal tempo. Uno dei pochissimi film italiani degli ultimi tre anni insieme a Zalone e Aldo Giovanni e Giacomo che vale la pena di gustare. Altro che Perfetti Sconosciuti e gli altri film sovvenzionati dallo Stato e supportati dai quotidiani con il cuore a sinistra e con il cash nel portafoglio. Qualcuno obietterà che è un film il cui nucleo, il ritorno al passato, è trito e ritrito, e allora? Se lo girano negli Usa va bene, qui no. Ma per favore! Se la critica lo ha sputacchiato, il botteghino no.
Tre romani s’inventano il tour nei luoghi della banda della Magliana. E questo già fa sorridere. Massimo Giallini è l’erudito del gruppo (avesse detto…); Alessandro Gassmann il tentennante, pauroso e probo; Gianmarco Tognazzi il senza palle.
Il bar, che era il ritrovo della banda, ora è gestito da cinesi e attraversandone una porta i tre si trovano in un locale con dei brutti ceffi. Hanno attraversato lo spazio/tempo a ritroso e si ritrovano nel luglio del 1982 nel pieno dei mondiali di calcio spagnoli. I brutti ceffi sono la banda della Magliana capitanata da Renatino, Edoardo di Leo (bravissimo), che trattiene Tognazzi e s’invaghisce di lui, visto che “azzecca” risultati e marcatori dei gol dei mondiali in anticipo. Renatino lo considera un veggente e sulle sue anticipazioni scommette e vince milioni.
Gassmann ha a che fare con l’amante del boss, ma non lo sa, mentre Giallini da erudito (ha letto vari libri sulla banda) trova il il tesoro nascosto della banda: denaro, lingotti, quadri e gioielli, frutto delle rapine.
Scritta bene, non volgare, ricorda i film commedia degli anni ’60, con gli equivoci, le situazioni un po’ irreali ma non finte, con le battute che sentiamo nella vita normale. Renatino costringe i tre a partecipare a una rapina in banca travestiti da Kiss mentre la Magliana è in versione Rockets. Pam, pam, bang e Tognazzi sotto gli occhi allibiti degli amici, causa la sindrome di Stoccolma e il carisma di Renatino, tira fuori gli attributi partecipando attivamente alla rapina.
Successivamente i tre protagonisti rubano il tesoro della banda e lo nascondono per recuperarlo quando ritorneranno nel tempo presente. Gassmann s’innamora dichiarato della donna di Renatino, ma lei va per la propria strada, e aiutati da Gianfranco, interpretato dal regista Massimiliano Bruno, ritornano nell’oggi.
Finito tutto, noooo! Anche il boss ha attraversato lo spazio/tempo e la coda del film preannuncia il sequel. Doveva uscire a marzo, ma tutto è fermo, speriamo che venga distribuito online.
Ho riassunto in breve la trama, non svelando gags e situazioni paradossali. Il film non lascia tregua, divertente, senza pretese, da vedere per alleggerire i tempi odierni e sorridere. I tre amigos ormai hanno girato vari film insieme e il regista, Massimiliano Bruno, il D’Artagnan del gruppo, è un loro sodale da tempi immemori.
Sono affiatati e si vede, le loro interpretazioni sono tra il comico e il forse l’esagerato, ma non sono macchiettistische: Giallini è il borgataro fallito che cerca di fare il leader del gruppo (non ricorda certo per fortuna Rocco Schiavone), cazzaro alla romana; Gassmann forse è in un ruolo inusuale per lui, è pauroso, incerto, imbranato, ma in fondo è un buono e un ingenuo; Tognazzi è il represso del gruppo, lavora sfruttato nel grosso studio del suocero commercialista, ha paura della sua ombra, ma poi ha il guizzo inaspettato.
Tutte queste sfaccettature le si vedono concretamente nella trasposizione cinematografica. Il finale terrà conto della loro esperienza personale a ritroso nel tempo per ricominciare nel presente. Anche qui niente spoiler.
Una parola sul regista che, come dicevo nel film è anche attore. Ciccione e simpatico, interpreta da bambino il genio incompreso bullizzato dai tre amigos e poi da adulto quello che li tira fuori dai guai, marginale ma d’effetto. Buona visione.