Il Titanic si è mosso. Ossia la Germania sta virando di rotta. Impercettibilmente, ma inesorabilmente. La situazione economica è molto più grave di quanto non si pensi e di quanto gli indicatori economici del Pil non dicano. Sono più rivelatori gli indicatori sulla fiducia nelle istituzioni e – se esistessero – sarebbero assai utili gli indicatori di quella che Giuseppe De Rita chiama “l’ira che sale”. Sale dalle “classi di sotto” di cui gli studiosi francesi e pochi italiani e nordamericani ci hanno insegnato a comprendere tanto la composizione sociale quanto gli orientamenti all’azione.
I percettori di reddito fisso temono di cadere nei defaults ma sono di fatto più garantiti di coloro che da lavoratori dipendenti lavorano nel meccanismo di riproduzione del valore capitalistico dove si sono incistati la caduta del tasso di profitto e la caduta della massa salariale. Come accade quando una crisi colpisce domanda e offerta di merci (il lavoro è una merce nel capitalismo, sempre lo dimenticano i misericordiosi, necessari, ma sempre insufficienti), la riproduzione non solo economica ma anche sociale si interrompe con effetti appunto pandemici. La cuspide dell’industria tedesca ha più volte lanciato una sonda di avvertimenti alla cancelliera Merkel e così hanno fatto i vertici delle logge francesi che ora si accorgono che il giovane bimbo bello e ben fatto che hanno creato si rivela un successore troppo minuscolo, incapace di dar vita a quel nuovo “degaullismo” che stava dietro alla sua clonazione.
Tutto il resto dell’Europa è in ordine sparso, dimenticando le sue origini. Mi spiego. In Italia il Governo ha scordato, cito ancora De Rita, che l’Italia è l’Italia delle mille città e dell’autoregolazione generativa e non della direzione dall’alto. Tanto più quando a dirigere dall’alto sono coloro che nell’Impero britannico sarebbero stati alla fonda delle navi della Compagnia delle Indie e neppure a comandarle. A comandare i buoni proletari dello spirito erano i laureati a Eaton… Oggi, sono d’accordo con l’onorevole Calenda, coloro che sono al Governo con diversi gradienti, non sanno fare neppure quello. Né filosofi platonici, né gestori di servomeccanismi ben guidati: una catastrofe. La stessa cosa in Spagna, che continua a perseguitare i leader dell’indipendentismo catalano e non riesce a formare governi stabili perché non si comprende l’importanza ormai irreversibile della Spagna plurinazionale con uno Stato a cui solo la monarchia, ormai e fortunatamente, può consentire di esistere.
Dinanzi a tutto ciò il Titanic tedesco decide ancora una volta di prendere tempo. Ma finalmente decide cose giuste e sacrosante. Ci si è accorti, come ho detto con Alessandro Mangia migliaia di volte, che esiste l’art. 122 del Tfue, ossia quell’articolo del Trattato del 2012 che consente alla Commissione di chiedere al Consiglio provvedimenti eccezionali diretti a rendere inoperante il Trattato di Maastricht e tutti i suoi famigerati regolamenti (giuridicamente indicati come non compulsivi dall’indimenticabile maestro Giuseppe Guarino) e procedere quindi non solo all’emissione di prestiti ma di sussidi, sì di sussidi, sussidi senza debito.
È ciò che sottende la proposta formulata dalle ormai famose nove nazioni (rimarranno nella storia) guidate da Francia, Italia e Spagna, per dar vita al famoso fondo per la ricostruzione (Recovery Fund) fondato sia sulla mutualizzazione del debito (montando il meccanismo – affinché non lo si comprenda se non in termini tecnicissimi e sia ignoto agli elettori sovranisti tedeschi e anseatici), sia su garanzie alle banche così da porle in grado di erogare crediti alle famiglie e alle imprese in una sorta di mimesi del modello nordamericano di intervento, essendo l’Unione economica europea senza una banca centrale. La Bce banca centrale non lo è, ma si può far lo stesso con l’Omt, ossia la corresponsione di garanzie e soprattutto l’eliminazione del divieto (ex art. 122) di sostenere con il Quantitative easing anche le nazioni con bond classificati come spazzatura nell’armadio della finanza mondiale.
Per questo dico che il Titanic si è mosso. Si sono compiuti dei passi in avanti formidabili tagliando l’erba sotto ai piedi sia a coloro che sostengono l’Italexit, e quindi la fine dell’euro con conseguenze catastrofiche immediate, sia a coloro che vogliono continuare imperterriti con l’ordoliberismo, ciechi ma colpevoli ignoranti e sostenuti dall’esterno come una vera borghesia vendidora, con effetti altrettanto devastanti nel lungo periodo.
Come fare per trasformare il Titatic in una Nimitz, ossia in una portaerei nordamericana in grado di non schiantarsi contro gli iceberg dell’ideologia tedesca? Ricordate la favola di Esopo? La rana si sentiva sicura: lo scorpione non poteva pungerla, lei sarebbe morta e così tutti e due sarebbero sprofondati in acqua. Ma sottovalutava, la rana, il ruolo dell’ideologia e della magia, cosicché tutti e due morirono. Questa è l’essenza dello spirito tedesco che può farci sprofondare. Non si tratta solo di interesse economico, ma di forme di spiritualità e di magia.
Ma vi è un modo per esorcizzare la magia europeistica conservatrice e sconfiggere gli stregoni ordoliberisti. Occorre la politica. La politica non solo nazionale ma europea e internazionale. Il “gruppo dei nove” deve trasformarsi in un’unità tra Stati europei che lottano per una nuova Europa non liberista che, nelle loro forme di autonomia politico-economica ancora possibili, si facciano carico, nazione per nazione, di lanciare il prestito nazionale così ben delineato da due personalità del calibro di Giulio Tremonti e di Giovanni Bazoli. Sarebbe un atto di grande coraggio politico e non lascerebbe le sorti dell’Europa nelle sole mani tedesche.
Mani fragili, oggi, dilacerate dalla divisione che sta profilandosi anche in Germania secondo le faglie della storia. Si è tornati in terra tedesca alle guerre di successione spagnola di inizio Settecento. La Baviera stava con i Borboni e la Prussia con gli Hohenzollern. Oggi si delinea una spaccatura nella stessa storia culturale tedesca. È inevitabile, perché la deflazione distrugge la società come l’inflazione e se a questo si unisce la perdita del senso di patria che tracima e viene sfortunatamente sostituito da quello di nazione aggressiva ed escludente, le conseguenze sono i nazionalismi economici e le guerre, guerre economiche sinora, ma non si sa ciò che può accadere nei Balcani. Anche a causa dell’incipiente disgregazione cinese che viene letteralmente esportata in Italia, un’Italia che è ancora la più filo-cinese di tutte le nazioni europee, superando addirittura la Germania che ha scelto anni or sono di legarsi a Pechino in un rapporto economico che ora si sta sfarinando.
Se in Italia, con questo Governo, ci si continua a legare organicamente alla Cina, si farà pagare al popolo e anche alla borghesia non vendidora un prezzo inaudito. Occorre allora agire in fretta, affinché si dia vita a un nuovo Governo non filo-cinese, pro-atlantico ed europeo-rifomista per far sì che non si ripeta la favola di Esopo.
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