Mentre la pandemia infuria sia negli Stati Uniti che in Iran, Washington e Teheran hanno ripreso a minacciarsi a vicenda. Il tutto dopo che l’Iran ha lanciato in orbita il suo primo satellite militare, Nour-1, che ha già cominciato a inviare i primi segnali, ed è pronto a lanciarne un altro, come ha dichiarato in un’intervista alla tv il comandante delle forze aerospaziali delle Guardie della rivoluzione islamica, il brigadiere generale Amir Ali Hajizadeh. Immediata la reazione americana con le dure parole del Segretario di Stato, Mike Pompeo: “Teheran dovrà renderne conto”. A rinfocolare la tensione, l’annuncio delle Guardie della rivoluzione, che si dicono pronte ad attaccare le navi dei “terroristi” Usa qualora dovessero effettuare manovre ostili. La replica del presidente Trump: elimineremo le navi da guerra iraniane dal Golfo se dovessero compiere azioni ostili. Cosa succederà? Ne abbiamo parlato con Giuseppe Morabito, già vice capo di stato maggiore per le operazioni di Sfor e attualmente membro del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation (Ndcf).
Stati Uniti e Iran, nonostante siano entrambi messi in ginocchio dal coronavirus, hanno ricominciato a “punzecchiarsi” pesantemente. Il lancio del primo satellite militare iraniano costituisce un pericolo così grave?
Sappiamo molto poco di questo satellite, l’unico dato che abbiamo è che dovrebbe essersi posizionato intorno ai 425 chilometri di altezza. In realtà, non sappiamo neppure se funziona.
Gli iraniani con grande enfasi dicono di sì…
Non potrebbero comportarsi diversamente. Non conosciamo il loro livello di tecnologia, anche se l’Iran da sempre è un paese molto avanti con le conoscenze tecnologiche, vantando un gran numero di ingegneri di alto livello. Ma non sappiamo che potenza abbia, chi ha fornito le tecnologie necessarie. Parlando di un satellite, poi, è importante conoscere dove sia stato collocato. Un conto è fare come Cina, Usa e Russia, che mettono in orbita una serie di satelliti, ma uno solo? Con che orbita poi? Sempre la stessa? Cosa stanno cercando?
Secondo lei?
L’unica risposta è che quello che interessa all’Iran è il Golfo Persico. Secondo logica, Teheran si mette a controllare l’area di suo interesse. Ma ancora: bisognerebbe sapere a che altezza esatta si trova, di che sistemi di fotografia dispone…
Gli Stati Uniti in ogni caso hanno reagito con durezza. Un segnale che si sentono minacciati?
Gli americani, volendo, hanno la capacità di disturbarne i segnali o di “toccarlo” per metterlo fuori orbita. Le contromosse non mancano. In fondo penso che per l’Iran si tratti più che un altro di un utilizzo propagandistico, che permette loro di poter dire: abbiamo il nostro satellite.
Come faceva Kim Jong-un con i suoi missili nucleari?
Esatto. La Cina, ad esempio, ha seguito una strategia importante: mandare dei satelliti dietro la faccia nascosta della Luna. La loro attività spaziale, come quella della Russia, è credibile. Mi è più difficile dare credito a un satellite lanciato dagli iraniani.
Oltre tutto considerando i problemi, anche economici, che devono affrontare in questo periodo…
È vero. Tra coronavirus, che sta mietendo migliaia di vittime, e prezzo del petrolio ai minimi storici se la passano davvero male.
Eppure le Guardie della rivoluzione non hanno esitato a minacciare le navi americane nel Golfo. È una minaccia più seria che va presa in considerazione?
Quante volte abbiamo sentito queste minacce? Visto che in America conosciamo i numeri esatti della pandemia, ma in Iran no, direi che tutte queste rappresaglie verbali abbiano lo scopo di distogliere l’opinione pubblica dai problemi del paese. Una tecnica di comunicazione che utilizzano tutte le dittature. In un momento di crisi si cerca di distrarre l’attenzione, convogliandola sul nemico storico. C’è poi un particolare da non dimenticare: il satellite iraniano è stato lanciato lo scorso 23 aprile, giorno di inizio del Ramadan, importantissimo momento religioso per tutti i musulmani. In questo modo hanno voluto dare un segnale di forza ai loro nemici: l’Occidente e i musulmani sunniti.
Intanto le azioni militari in Siria, dopo lo scoppio della pandemia, sembrano essersi fermate. Cosa pensa succederà una volta che sarà debellata?
Al momento è tutto fermo, a Idlib i turchi e i russi sono bloccati sulle posizioni conquistate. Inoltre c’è una grossa carenza di forze, perché sia la Turchia che la Russia hanno inviato i loro combattenti in Libia. Ma sono certo che appena sarà finita la pandemia, tutto riprenderà da dove si è fermato.