In Nigeria un gruppo di avvocati vuole trascinare in tribunale la Cina chiedendo 200 miliardi di dollari di danni a causa del Coronavirus. Questi legali hanno dunque citato in giudizio direttamente il governo della Repubblica Popolare Cinese per gli effetti che la pandemia di Coronavirus sta causando in Nigeria.
La cifra di 200 miliardi di dollari come richiesta di danni si deve a “perdita di vite umane, strangolamento dell’economia, traumi, disagio sociale e distruzione della normale esistenza quotidiana” che anche la Nigeria e i suoi abitanti stanno soffrendo, come in quasi tutto il resto del mondo.
Questo dunque è l’elenco delle imputazioni mosse alla Cina, indicato in un comunicato diffuso ieri dal leader di questo gruppo di avvocati nigeriani che sfidano il colosso asiatico, il professor Epiphany Azinge (SAN). In Nigeria dunque è stata lanciata una vera e propria class action contro la Cina e il suo governo, ritenuto responsabile della diffusione del Coronavirus nel resto del mondo – nello specifico della causa, naturalmente in Nigeria.
NIGERIA, AVVOCATI FANNO CAUSA ALLA CINA PER CORONAVIRUS
Il comunicato descrive anche quale sarà la linea d’azione del team di legali: in una prima fase la causa sarà davanti all’Alta Corte federale della Nigeria, poi si punterà a coinvolgere il governo nigeriano per intentare una causa contro la Repubblica Popolare Cinese davanti alla Corte internazionale di giustizia, con sede all’Aia, nei Paesi Bassi.
L’accusa verrà depositata all’ambasciata della Cina in Nigeria, con la richiesta di danni quantificata appunto in 200 miliardi di dollari. Il professor Arinze tra l’altro è una personalità molto influente e rispettata in campo giuridico, membro del Tribunale Arbitrale del Commonwealth a Londra: staremo inoltre a vedere se il precedente nigeriano susciterà azioni simili anche di altri Paesi.
In particolare, se questa causa venisse accolta e la Cina dunque costretta a pagare i danni, il precedente potrebbe scatenare davvero una pioggia di ricorsi contro il governo cinese che potrebbe dunque pagare a carissimo prezzo l’atteggiamento avuto in particolare nella prima fase della pandemia, quando tendeva sempre a ridimensionare la gravità della situazione – come dimostra anche il numero di morti a Wuhan, che è stato ritoccato all’insù solamente pochi giorni fa.