Massimo Camisasca, 73 anni, vescovo di Reggio Emilia e fondatore della Fraternità sacerdotale di San Carlo Borromeo, scende in campo, dopo il documento della Cei che criticava le disposizioni del governo in merito alla possibilità di riaprire le chiese alle celebrazioni liturgiche. Giuseppe Conte l’altra sera aveva infatti detto che per misure sanitarie è ancora vietato fare messe aperte ai fedeli nonostante l’inizio della Fase 2 che permette la riapertura di alcune attività economiche. In una intervista rilasciata a quotidiano.net, il vescovo si dice “deluso” e “rattristato che non si sia tenuto conto dei sentimenti e delle attese del popolo cristiano”. Commentando il documento dei vescovi italiani, Camisasca dice che la decisione del governo “esprime un’arbitraria violazione della libertà religiosa, sancita dalla Costituzione”. Non si capisce dice ancora il vescovo perché l’apertura di attività produttive e non la celebrazione dell’Eucarestia con la gente.
MESSA CON PRENOTAZIONE
Camisasca si lamenta anche del permesso di svolgere i funerali escludendo però la celebrazione eucaristica, motivo che ovviamente è dato dalla possibilità di contagio mentre si dà la comunione. Il vescovo di Reggio Emilia propone anche delle misure precise per partecipare alla Messa: distribuzione di mascherine ai presenti, l’installazione di scanner per misurare la febbre all’ingresso e la messa in funzione di un sistema di prenotazioni per partecipare alle sante messe in modo da scongiurare sia una presenza eccessiva all’interno delle chiese, sia assembramenti all’esterno e per la distribuzione della comunione “far sì che fosse il celebrante, dotato di guanti e mascherine, a scendere dall’altare per distribuire ai fedeli, seduti sulle panche distanziati fra loro, la particola consacrata esclusivamente sulla mano. Anche questa proposta è stata accolta con favore dagli alti vertici dell’esecutivo. Poi, però, l’interlocuzione col governo si è interrotta e non è chiaro il motivo”.