Nella pellicola Alitalia, dopo aver attraversato i generi più disparati, dal thriller alle comiche, passando ovviamente per altri come la fantasia e l’horror, pare che, con l’aiuto del Covid-19, siamo arrivati (o dovremmo esserlo) al neorealismo più puro. Non poteva essere vista diversamente la spaventosa crisi del settore che ha scombussolato non solo il presente, ma pure il futuro del traffico aereo mondiale. Difatti le previste misure di distanziamento sociale a bordo degli aeromobili significheranno ridurre a un terzo la capacità di passeggeri e quindi l’offerta, che ovviamente produrrà un aumento spaventoso delle tariffe anche perché si dovrà ridurre giocoforza il numero delle frequenze.
Tutto questo panorama ovviamente potrebbe cambiare se il virus ci togliesse definitivamente il disturbo, ma l’esperienza drammatica attraversata marchierebbe a ferro e fuoco il futuro del trasporto aereo. In primo luogo, il Covid-19 ha insegnato di come i vettori “di bandiera”, anche quando sotto l’egida di privati ma sempre appartenenti alla nazione, siano un fattore fondamentale per risolvere le problematiche (come l’attuale) e di conseguenza costituiscano un architrave insostituibile nella vita delle nazioni, quindi la presenza degli Stati nel loro controllo diventa imprescindibile. Se pure la “correttissima” Lufthansa ora invoca non solo l’aiuto dello Stato tedesco, ma pure quello di altri per mantenere le aerolinee che si è comprata, privatizzandole, all’estero in questi anni, allora vuol dire proprio che siamo di fronte a un cambio veramente epocale.
Occhio però: non ho tirato in ballo Lufhansa per caso, visto che il coro dei vettori che battono cassa agli Stati è pressoché totale, ma perché nelle dichiarazioni fatte dal Ministro Patuanelli il 22 di aprile c’è qualcosa che non mi quadra, anzi che puzza d’antico. All’inizio il Ministro dice chiaramente che la NewCo Alitalia sarà ovviamente statale al 100%… decisione quasi lapalissiana in questi frangenti; inoltre, aggiunge dettagli sulla presenza di una flotta di 70 aerei e anche su di una riduzione del personale, dato però che dovrebbe modificarsi con il rientro di Alitalia nella sua normalità operativa. Ma dove Patuanelli ha lasciato molto perplessi è sulla visione “post Covid” di Alitalia e la possibilità non solo di una sua re-privatizzazione, ma anche un’uscita dall’alleanza SkyTeam. Non sarà per caso che alla fine, dopo questo giro a 180 gradi forzato, tutto ritornerà come era nelle previsioni dell’attuale Governo? Ossia che Alitalia, dopo che lo Stato la rimetterà in piedi, finirà tra le grinfie della Star Alliance, ergo Lufthansa?
Non è un’ipotesi tanto campata per aria, visto che stranamente si è toccato questo tema in piena attuazione dell’operazione di statalizzazione che dovrebbe iniziare a giugno: ma se è stato fatto significa che c’è carne al fuoco di cui non si può rivelare nulla per il momento.
Certo che a questo punto si può affermare che, dopo la tempesta sanitaria che ancora stiamo attraversando, in Italia sarà estremamente necessario ripercorrere l’esperienza del 1946 con un governo di Unità nazionale che possa in primo luogo recuperare la credibilità della gente con politiche estremamente differenti dalle precedenti. In particolare con un piano di rinascita economica e soprattutto la pretesa che l’Ue rappresenti veramente una Unione di Stati e non un club economico e finanziario privato guidato da alcuni di loro. Quindi al nostro Paese occorrerà una compagnia aerea veramente “di bandiera” che possa far da traino non solo al turismo ma anche d’aiuto alle piccole e medie industrie nelle loro ripartenze.
Ritornare al vecchio schema significherebbe non aver cambiato nulla, ma soprattutto che la lezione del Covid-19 non sarà servita, cosa di cui dubito moltissimo.