In Italia c’è stato un incremento del 49,4 per cento di morti nel mese di marzo rispetto al 2019, considerando tutte le cause di morte. Lo rivela il Rapporto Istat sull’impatto del coronavirus sulla mortalità, redatto insieme all’Istituto superiore di sanità (Iss), su un campione di 6.866 comuni, quindi l’87 per cento dei 7.904 complessivi. Non c’è però omogeneità nella collocazione geografica dei morti. Il coronavirus ha ucciso in 38 province, 37 del Nord più Pesaro-Urbino. I decessi in queste province sono più che raddoppiati rispetto alla media 2015-2019 del mese di marzo. Se poi si considera il periodo dal 20 febbraio al 31 marzo, c’è stato un incremento di 23.133 morti. Poco più della metà di questo aumento, il 52 per cento, è costituita da morti riportati al Sistema di sorveglianza integrata Covid-19 (12.156). Bergamo è la provincia che ha pagato il prezzo più alto in vite umane: l’incremento è addirittura a tre cifre, precisamente del 568 per cento. A seguire Cremona (391%), Lodi (371%), Brescia (291%), Piacenza (264%), Parma (208%), Lecco (174%), Pavia (133%), Mantova (122%), Pesaro e Urbino (120%).
ISTAT, “11MILA DECESSI IN PIÙ COLLEGABILI AL CORONAVIRUS”
In diverse aree d’Italia, quelle che sono state colpite meno dal coronavirus, nel marzo 2020 sono stati registrati addirittura meno morti rispetto alla media degli anni passati. In media sono stati inferiori dell’1,8 per cento rispetto alla media del quinquennio precedente. Spicca Roma, che fa segnare un -9,4 per cento rispetto alla mortalità media degli ultimi 5 anni. In calo anche Napoli, con uno 0,9 per cento di decremento. Dal Rapporto Istat, realizzato con l’Istituto superiore di sanità (Iss), emerge un altro dato importante. Ci sono 11.600 morti che potrebbero essere correlabili al coronavirus. Le cause possibili sono tre, si legge nel documento: una mortalità associata al Covid-19, «decessi in cui non è stato eseguito il tampone». La seconda causa ipotizzata è una mortalità indiretta correlata a Covid-19, «decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza». La terza è altrettanto allarmante: «Una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette».