La ‘provvidenza’ e la ‘misericordia’: considerare Alessandro Manzoni senza tener conto della sua visione cristiana della storia non solo si fa torto alla sua fede ma all’intero senso escatologico della sua letteratura: il 5 maggio per molti è la “banale” poesia in memoria di Napoleone Bonaparte, con la quale ha subito tra l’altro diversi attacchi nel corso della storia per aver celebrato un conquistatore e un despota che in Italia non ha lasciato certo bei ricordi. Nel focus che vi proponiamo qui sotto vi è una lettura diametralmente diversa: a riscrivere la storia in poche righe non ci pensiamo nemmeno, ma semplicemente osservare lo “snodo” della vicenda da un’altra angolatura.
Un 5 maggio ricco di misericordia – di cui oggi nella fase 2 delle nostre vite travolte dal coronavirus ne abbiamo un drammatico bisogno – e una “provvidenza” che pone luce non tanto sul grande genio militare e politico del Bonaparte, ma sull’escatologia finale della storia: dal più piccolo uomo al più grande conquistatore hanno bisogno di essere salvati e perdonati. Questa la vera “rivoluzione” del Manzoni, cominciata dai Promessi Sposi e proseguita anche nella più appartenente laica poesia sul Cinque Maggio.
LA LEZIONE DI MANZONI
Il 5 maggio 2020 non è solo la “fase 2” della fase 2, ovvero il secondo giorno di semi-libertà dal lockdown del coronavirus ma è ovviamente un rimando storico che ben pochi possono disconoscere: «Ei fu, siccome immobile, dato il morta sospiro, stette la spoglia immemore orba di tanto spiro, così percossa, attonita la terra al nunzio sta muta pensando all’ultima ora dell’uomo fatale»: con la scuola a distanza forse l’esercizio dello studio a memoria è venuto un pochino meno, ma la clamorosa ode di Alessandro Manzoni “Cinque Maggio” è stata studiata e rimarrà nei libri di scuola in eterno (speriamo).
La lezione di storia e umanità dell’autore dei “Promessi Sposi” che viene scolpita celebrando sì la morte di Napoleone Bonaparte ma che in realtà rappresenta un vero protagonista “celato” dietro l’infinita poesia che tutti a scuola hanno dovuto imparare a memoria: la misericordia di Dio che si “serve” di Napoleone per il costruire il destino dell’umanità. Ma come dal 5 maggio 1821, data della morte del grande imperatore condottiero francese nell’esilio di Sant’Elena, si è giunti fino ad oggi? Non sarebbe questo né il luogo (né l’autore) giusto per celebrare un excursus del genere, ci limitiamo però a riconoscere l’eccezionalità di un’opera come quella in una giornata – e in un periodo – come questa.
IL 5 MAGGIO E LA MISERICORDIA DI DIO
Dopo la tragedia di morti e contagi degli ultimi 2 mesi, l’Italia si apre alla nuova “fase 2” con la speranza che il coronavirus non sia un elemento così determinante le nostre vite anche nei prossimi mesi: vi è tanta preoccupazione (anche perché ancora non chiaro l’iter sanitario che il Governo ha intrapreso) sia per l’emergenza pandemia che per la connessa crisi economica. E così non vi sono grandi feste o “trionfi” da celebrare se non l’incredibile forza d’animo che quasi miracolosamente su tante famiglie e lavoratori italiani è “sbocciata” nella fase più dura della quarantena: con la fase 2 iniziata poi ieri, il senso di speranza per una condizione migliore per tutti si accompagna alla costante preoccupazione.
Manzoni in questi giorni più volte ci è venuto “incontro” con i suoi scritti sulla peste nei Promessi Sposi, scoprendo così che il genio del romanziere seppe cogliere già nell’Ottocento spunti e dinamiche divenute oggi dominanti: il concetto di untore, il terrore davanti all’incombere della morte pandemica, lo scontro liberismo-statalismo, la speranza mista a malinconia, con la Provvidenza “tornata” improvvisamente un tema forte e urgente per il cuore degli italiani. Ma è proprio nel 5 maggio che Manzoni riesce a compiere la sua “fase 2” letteraria, una poesia che parlando di Napoleone in realtà parla del senso ultimo della storia: non è infatti il Bonaparte, ma Dio ad essere centrale nel Cinque Maggio. Secondo la concezione cristiana che Manzoni ha della storia, si è servito di quell’ambiguo imperatore per realizzare i propri misteriosi progetti e poi l’ha atteso all’ultima soglia per salvarlo e dimostrare ancora una volta la sua misericordia. E così nel desiderio di tutti di essere “salvati”, davanti all’apparente strapotere della morte (con il coronavirus), quelle ultime righe di Manzoni riecheggiano ancora oggi: «Tu dalle stanche ceneri sperdi ogni ria parola: il Dio che atterra e suscita, che affanna e che consola, sulla deserta coltrice accanto a lui posò».