Ancora il Governo non è riuscito a trovare una quadra sul decreto aprile, che doveva essere approvato prima di Pasqua. Secondo quanto riportano i quotidiani, l’ultimo motivo di scontro nella maggioranza sarebbe relativo al meccanismo con cui lo Stato interverrebbe per favorire la ripatrimonializzazione delle imprese, provate dal lungo periodo di chiusura e con la prospettiva di un mercato in crisi, in particolare per quelle con un fatturato compreso tra 5 e 50 milioni di euro: arriverebbero risorse pubbliche pari a quelle che i soci dell’azienda sarebbero disposti a mettere sul piatto. Se lo schema piace molto al Movimento 5 Stelle, Italia Viva preferisce una cancellazione parziale dei versamenti fiscali, finora solo rinviati, o interventi a fondo perduto, che al momento parrebbero destinati solamente alle aziende con un fatturato sotto i 5 milioni di euro. Francesco Forte, economista ed ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, sembra essere d’accordo con il partito di Renzi, anche perché «la soglia tra i 5 e i 50 milioni di fatturato comprende tantissime imprese. Lo Stato interverrebbe su tutte? E in che modo? Avrebbe voce in capitolo nella gestione come un normale azionista? Non vorrei che si arrivasse a una sorta di statalizzazione occulta».
Bisognerebbe fare in modo, insomma, che lo Stato resti escluso dalle decisioni fondamentali delle aziende pur dando loro delle risorse.
Esatto, non si può immaginare che questa situazione di difficoltà delle imprese, dovuta sia alla pandemia che alle misure conseguenti adottate dallo Stato che ne hanno limitato l’attività, diventi un’occasione per violare la libertà di iniziativa privata. Meglio sarebbe dare una sovvenzione che in questo periodo non verrebbe considerata aiuto di Stato dall’Ue. Non c’è certo bisogno di Italia Viva per capirlo, mi meraviglio più che altro che il Pd possa assecondare una simile impostazione.
Meglio quindi prevedere degli interventi a fondo perduto?
Per aiutare le imprese l’intervento più immediato sarebbe una moratoria fiscale, ma c’è il rischio di creare disuguaglianze per via della natura dei tributi stessi e delle differenze tra chi ha fatto utili e chi no. La sovvenzione, invece, consente di evitare che ci sia qualcuno che ottiene benefici maggiori di altri, anche parametrandola in base al fatturato. Mi sembra che sia la cosa più logica e anche più trasparente da fare.
Bisognerebbe differenziare questi interventi per settore?
È un po’ difficile creare il giusto perimetro per aiutare le imprese più in difficoltà, tenendo presente che c’è anche il rischio di creare disparità di trattamento e quindi distorsioni della concorrenza. Bisognerebbe cercare di usare parametri oggettivi come il fatturato, senza però dimenticare che ci sono settori, come il turismo, piuttosto che i commercianti di abbigliamento o i parrucchieri, che hanno subito più danni, mentre altri hanno potuto comunque continuare a operare, seppur non a pieno regime.
Secondo lei, cos’altro occorrerebbe fare per aiutare le imprese?
La cosa più seria sarebbe quella di consentire loro di produrre e mettere in moto massicci investimenti in modo da creare una domanda produttiva. Questo perché gli interventi di emergenza, che vanno sempre attuati con prudenza, servono per mantenere in vita le imprese, ma se poi non si genera una creazione effettiva di Pil, di ricchezza, si stronca l’Italia. Non dobbiamo dimenticare che le misure di cui si parla sono comunque costose e se non c’è un intervento europeo o un chiarimento sul debito pubblico che si genera occorre trovare delle coperture straordinarie, magari con un condono fiscale. Del resto se siamo in emergenza bisogna anche pensare a provvedimenti di questo tipo.
Secondo lei, per il Governo rischia di aprirsi una serie questione industriale?
È il tema su cui l’esecutivo appare più inadeguato e pericoloso, quello su cui sta facendo ben poco e male. Tra l’altro non si capisce se sta agendo per favorire gli interessi che la Cina ha per le nostre grandi imprese. Dobbiamo fare attenzione a come reagiranno le categorie produttive a questa incapacità dell’esecutivo. E non solo, perché l’industria ha consentito all’Italia, nonostante un territorio non molto esteso e poche materie prime, di essere un grande Paese. Inoltre, il debito pubblico è tale che abbiamo bisogno dell’industria per esportare e ripagarlo.
(Lorenzo Torrisi)