Le indagini annuali dell’Istat sull’andamento dei redditi delle famiglie residenti in Italia mettono in evidenza che il 30% dei nuclei familiari composti da immigrati versa in condizioni di povertà assoluta. Se aggiungiamo a questi le famiglie esposte al rischio di diventare povere, tale percentuale lievita al 66%, in pratica due famiglie su tre. Il 12% di questi nuclei è completamente privo di redditi di lavoro o di pensione.
Come si spiega questa evoluzione? Una risposta esaustiva la offrono i rapporti annuali sul mercato del lavoro italiano dell’Istat e quelli del ministero del Lavoro sugli immigrati: la gran parte dei 2,5 milioni di occupati svolge attività con basse qualifiche e con rapporti di lavoro a orario ridotto e a termine, che sono aumentati in modo esponenziale negli ultimi 10 anni. I lavoratori immigrati operano nei settori dove è rilevante l’incidenza del lavoro sommerso: i servizi per il mercato e per le persone, le costruzioni, l’agricoltura. Il 50% dei 2,2 milioni di rapporti di lavoro avviati nel 2018 per i lavoratori immigrati è a tempo determinato e con durata inferiore ai tre mesi.
L’osservatorio dell’Inps sulle retribuzioni lorde annue degli immigrati mette in evidenza che buona parte dei salari si colloca sotto il limite della no tax area. Tutto ciò è particolarmente vero per il lavoro domestico dove la condizione di irregolarità totale o parziale non dipende dal permesso di soggiorno del lavoratore, ma dalle difficoltà delle famiglie come datori di lavoro a reggere costi del lavoro pari a circa 1.500 euro mensili.
L’immagine che scaturisce da queste rilevazioni è quella di una popolazione di lavoratori costretti a convivere con una condizione perenne di precarietà, di sottoccupazione e di lavoro in tutto o in parte irregolare. Cosa confermata dalle indagini degli ispettori del lavoro che mettono in evidenza che la gran parte degli immigrati irregolari rintracciati nelle visite ispettive è in possesso di regolare permesso di soggiorno.
Questi sono i numeri veri. E che richiederebbero l’adozione di interventi per offrire risposte a persone che appartengono a tutti gli effetti alla nostra comunità nazionale e che in buona parte sono state escluse dalle misure adottate per contrastare la povertà e dalle politiche attive del lavoro, perché non residenti in Italia da almeno 10 anni.
Invece cosa stanno teorizzando i paladini degli immigrati? Di fare l’ennesima sanatoria per quelli irregolari, con l’ausilio di analisi e di numeri farlocchi, e sulla base del presupposto che non ci siano lavoratori italiani e immigrati regolarmente residenti in grado di soddisfare la domanda di lavoro in Italia. Senza nemmeno considerare la prospettiva ormai scontata di un aumento esponenziale della disoccupazione per le conseguenze dell’emergenza sanitaria, che colpirà in particolare i settori dove operano in prevalenza degli immigrati.
Le evidenze storiche confermano che le sanatorie, per i tempi della loro gestazione, sono incompatibili con le esigenze effettive della domanda di lavoro. Come del resto hanno evidenziato le associazioni degli imprenditori agricoli. Diventano di fatto delle specie di concorsi per avere un permesso di soggiorno con l’implicita conseguenza di attivare un effetto di attrazione di nuovi immigrati e di aumentare l’offerta di lavoro. Tutto il contrario di quello che sarebbe necessario fare nell’attuale situazione.
Questo non significa affatto trascurare le condizioni degli immigrati irregolarmente presenti nel territorio. La ministra dell’Agricoltura Teresa Bellanova ha motivato l’intervento con un appello accorato: “A Borgo Mezzanone ci sono 3.000 immigrati ammassati in un campo di fortuna, senza protezioni e mascherine. Nel momento in cui riprendono l’attività salta tutto in aria in termini di emergenza sanitaria”.
Tutto vero e tutto giusto. Ma cosa c’entra la sanatoria con tutto questo. Devono essere i caporali a dover risolvere il problema? Un’istituzione pubblica a conoscenza di tutto ciò incarica la Guardia di finanza e le autorità sanitarie a intervenire senza indugio. Perché è in questo modo che si deve procedere, dato che queste realtà non sono affatto invisibili. Le leggi vigenti prevedono che in questi casi, e per le condizioni straordinarie di calamità, agli immigrati irregolari possa essere concesso un permesso di soggiorno provvisorio e la possibilità di lavorare regolarmente. Ma al partito della sanatoria, composto principalmente da associazioni sociali e da intellettuali convinti che debbano essere gli immigrati a salvare l’Italia, queste cose non interessano. Per loro le politiche dell’immigrazione coincidono con quelle dell’accoglienza a prescindere di nuovi immigrati. Perché questa è la loro passione e, non di rado, anche il loro mestiere.