Uno studio circa l’uso della mobilità per stimare l’intensità di trasmissione del Coronavirus in Italia, con analisi a livello regionale e descrizione degli scenari futuri nella Fase 2 e dei suoi rischi, è stato riportato sul sito del prestigioso Imperial College di Londra. Come purtroppo ben sappiamo, l’Italia è stato il primo paese in Europa ad affrontare l’epidemia di Coronavirus e quello con il più alto numero di morti fino a questo momento.
Per controllare l’epidemia, il governo italiano ha imposto una serie di interventi “non farmaceutici”, tra cui la chiusura di scuole ed università, il distanziamento sociale e la quarantena, compreso il divieto di assembramenti pubblici e di effettuare spostamenti non essenziali. In questo rapporto si analizzano appunto gli effetti degli interventi non farmaceutici sulla trasmissione del Coronavirus, utilizzando dati sulla mobilità media.
Si stima che il numero medio di riproduzione del contagio (l’ormai celebre R0) sia attualmente inferiore a uno per tutte le regioni italiane, e in modo significativo per la maggior parte di esse. Nonostante l’alto numero di decessi, la percentuale della popolazione che è stata infettata da SARS-CoV-2 è lontana dalla soglia dell’immunità di gregge in tutte le regioni italiane, con il più alto tasso d’attacco osservato in Lombardia (13.18%).
AUMENTO CASI CORONAVIRUS IN FASE 2: GLI SCENARI POSSIBILI
Come ben sappiamo, l’Italia sta riducendo le misure di contenimento dal 4 maggio, inizio della Fase 2. Visto il controllo ottenuto ad oggi tramite l’implementazione dagli interventi non farmaceutici in contrasto al Coronavirus, si prospettano tre scenari per le prossime otto settimane: uno in cui la mobilità rimanga la stessa della quarantena, uno in cui la mobilità ritorni al 20% dei livelli pre-quarantena e uno in cui ritorni al 40% di quei livelli, presupponendo che la mobilità ricresca in modo uniforme, che il comportamento rimanga uguale a quello precedente agli interventi, che non vengano introdotti interventi farmaceutici e non includendo la riduzione di trasmissione tramite tracciamento dei contatti, test e isolamento di casi confermati o sospetti.
Nuovi interventi, come l’aumento del numero di tamponi e il tracciamento dei contatti, contribuiranno verosimilmente alla riduzione della trasmissione, dunque le stime devono essere viste come proiezioni pessimistiche. In assenza di ulteriori interventi, anche un ritorno del 20% ai livelli di mobilità pre-quarantena potrebbe causare un aumento dei decessi molto maggiore di quanto si sia verificato nell’attuale ondata, in diverse regioni. Futuri aumenti nel numero dei decessi verranno osservati dopo l’aumento dell’intensità di trasmissione e quindi una seconda ondata non sarà immediatamente evidente con il monitoraggio giornaliero dei decessi.
I risultati suggeriscono che sia la trasmissione di SARS-CoV-2 sia la mobilità devono essere monitorate attentamente nelle settimane e mesi a venire. Per compensare l’aumento di mobilità che si verificherà con la riduzione degli interventi non farmaceutici, l’adesione alle misure di distanziamento sociale raccomandate insieme ad una sorveglianza intensificata della trasmissione nella comunità con tamponi, il tracciamento dei contatti e l’isolamento tempestivo degli infetti sono di fondamentale importanza per ridurre il rischio di ripresa della trasmissione.