Si va verso una riforma del reddito di cittadinanza? Questa parrebbe essere la strada tracciata dal viceministro all’Economia Antonio Misiani, intervenuto quest’oggi sulle colonne del quotidiano “Il Corriere della Sera”, sollecitato su tale argomento, ora più che mai di stringente attualità, considerata la drammatica situazione socio-economica germogliata in Italia in seguito alla pandemia di Coronavirus, che ha causato la perdita di numerosi posti di lavoro, mettendone tanti altri a rischio. “Serve uno strumento più reattivo – ha dichiarato Misiani –, in quanto va accresciuto il ruolo dei Comuni, che sono capaci di intercettare più velocemente i bisogni della popolazione. Vanno altresì corrette alcune disfunzioni, come la scala di equivalenza, che oggi penalizza le famiglie numerose, così come tutti quei fattori che scoraggiano i beneficiari dalla ricerca di un lavoro”. Insomma, urge una svolta radicale per cambiare le carte in tavola e consentire a tutti di avvicinarsi al reddito di cittadinanza e di beneficiarne.
RIFORMA REDDITO DI CITTADINANZA: “AL VAGLIO ANCHE ALTRE MISURE”
Sempre su “Il Corriere della Sera”, Antonio Misiani ha asserito che la maggioranza governativa è d’accordo sull’adozione di uno “strumento per le famiglie che non hanno avuto accesso ad alcun aiuto, mentre c’è discussione su come configurarlo”. Possibile che lo si possa fare con una misura transitoria, legata all’emergenza attuale, attribuendole proprio il nome di reddito d’emergenza. Non si tratta, peraltro, dell’unica contromossa di cui si sta valutando l’attuazione per fare fronte al bisogno crescente di liquidità da parte dei nuclei familiari italiani: sono al vaglio sostegni a fondo perduto, come “interventi di ristoro di affitti e bollette e in relazione alla perdita di fatturato, che potranno prendere forma di indennizzi cash o di parziale sconto delle tasse finora sospese”. Certezze in questo momento storico così delicato non ve ne sono, ma sono proprio quelle che il Governo sta provando a inseguire in maniera “semplice e veloce”, perché, per bocca dello stesso Misiani, “l’eccesso di burocrazia può uccidere l’economia”.