Non sembra casuale che ad esprimere, oggigiorno, quel che si usava chiamare supergruppo, sia il fertile arcipelago del patrimonio popolare italiano. Grazia e talento sconfinati della friulana Elsa Martin, appuntamento ormai ricorrente su queste pagine (lo scorso anno protagonista con Stefano Battaglia delle intime ballad d’avanguardia di “Sfueâi”), si uniscono all’eccellente tandem world-folk piemontese del Duo Bottasso (Simone Bottasso organetto e flauto; Nicolò Bottaso violino e tromba) e alla popolanità sferragliante del polistrumentista e cantante calabrese Davide Ambrogio. Il celebre “Canzoniere Italiano”(1955) del Pasolini amante dei dialetti viene dotato di anima e nervi squisitamente musicali ed è così che un’opera che portava in sé un respiro sonoro che attendeva di essere afferrato e assemblato, viene a trovarsi magicamente inondata di note e armonie. L’amore per i modi linguistici delle più disparate aree della penisola si vede trasformato in un album folk pensato, assimilato e vissuto sul campo.
La friulana Martin prende per mano la metà friulana di Pasolini, per incontrarsi anche musicalmente con i tratti distintivi di svariate realtà locali, Calabria, Veneto, Sicilia e Piemonte tra le altre, fino a essere coronato quasi in chiusura da un canto bilingue. Non sembra azzardato affermare che se le poesie di Pasolini avessero potuto esprimere una voce per essere musicate e cantate fin dall’inizio, non avrebbero potuto trovare un aggregante migliore di quello dei Linguamadre del disco “Il Canzoniere di Pasolini” progetto promosso Premio Nazionale Città di Loano per la Musica Tradizionale Italiana, del Premio Andrea Parodi e del Festival Mare e Miniere. Un album dal vivo di canzoni d’impronta popolare nel senso più avventuroso e pieno del termine, per il suo ricalcare lo slancio di certi album del folk storico dove le arie tradizionali o simil-tradizionali, venivano non di rado rappresentate e registrate in presa diretta e proposte per la prima volta come tali in veste discografica (si pensi al celebre Clannad “In Concert” del 1978).
Le bellissime foto di Valeria Taccone contenute nel libretto sorprendono l’energia intima anche fisico-gestuale della band. L’introduzione di Lingua e dialettu (unico testo non di Pasolini ma del poeta siciliano Ignazio Buttitta) contiene in un recitato di un minuto e mezzo, dichiarazione d’intenti e mappatura del progetto, un insieme che coniuga afflato identitario, paura, sofferenza e purificazione. E’ la porta oltre la quale si entra in una serie di cronache di vita in atto, siano esse città dolente o terra promessa. Come nella nota fissa e rituale di chitarra che introduce e ricorre in Donna Candia, oscillazione tra inno sanguigno e lamento popolare che trasuda dramma e miseria. A seguire Nina nana vede la morbidezza poliedrica della Martin addentrarsi in un testo consono alle sue origini. Comunanza con parte delle ascendenze di Pasolini e dialetto veneziano, vanno a comporre una nenia ipnotica che sconfina a tratti in un jazz ballabile condotto dalla tromba di Nicolò Bottasso.
Quello che sembra per certi versi un inizio rilassante, viene però ribaltato dal tenore violento del terzetto centrale del disco. Traguda! esplora la lingua calabrese nelle sue inflessioni più dure e scabre con la voce di Davide Ambrogio a scolpirne inflessioni e asprezze. Boves – tradizionale rielaborato da Simone Bottasso – tra asimmetrie folk e digressioni mondine della Martin, ripercorre scenari e rivolgimenti dell’epoca partigiana. Ka di ka di chiude la sezione con una corale completa tra i quattro protagonisti. E’ una fase in cui la musica va a incorniciare i segni più aridi e concreti dei gesti e delle fatiche quotidiane, come a voler benedire l’energia feconda che si sprigiona misteriosamente dal fondo della sofferenza.
Quasi un passaggio necessario prima della fase in cui tutto sembra dire di una nuova vita. Sur capitani, tra Piemonte e Sicilia, è come l’apoteosi dopo il guado in una mescolanza intrepida di dialetti e stili musicali. L’umile obbedienza da regime di guerra lascia spazio alla sarabanda folk liberatoria e festosa, con un tappeto musicale che accoglie un tambureggiante dialogo tra la Martin e Ambrogio nelle due espressioni linguistiche.
E a la vo’ breve ballata di raccordo prepara il terreno a Cosmogoya e altre miniminagghie siciliane, che tra preamboli notturni e scherzo è come un lungo momento celebrativo che fa da ideale finale con parole leggere e benauguranti (le miniminagghie sono gli indovinelli della tradizione siciliana). La Martin sciorina vivaci schizzi vocali da sola o in tandem con Ambrogio, i fratelli del Duo Bottasso agiscono in modalità briglia sciolta, per un’ultima volta scorrono i titoli di coda di un progetto avventuroso ed eccitante che ci lascia con un senso di tempo, dimensioni e spazio di cui ci scopriamo quantomai bisognosi.