Non solo il contagio in azienda sarà equiparato a infortunio sul lavoro a tutti gli effetti, ma potrebbero esserci rischi anche per le imprese e gli imprenditori che avranno rispettato tutte le regole al dettaglio: come spiega oggi un ottimo focus sul Corriere della Sera, i datori di lavoro corrono il pericolo di una denuncia penale se un loro dipendente si ammalasse (fino alla morte) a causa del virus contratto sul posto di lavoro. Ma avverrà non solo per i “furbetti” o quelli che non faranno ben rispettare le regole nelle proprie aziende: a rischio saranno «anche gli imprenditori che hanno diligentemente applicato tutte le misure necessarie per contrastare e contenere la diffusione del Covid-19 dettate dai protocolli di sicurezza del 14 marzo e del 24 aprile 2020».
La morte per coronavirus come infortunio sul lavoro, come deciso dall’INAIL, sta mettendo a rischio un’intero settore produttivo del Paese: «È un problema non da poco che rischia di bloccare la riapertura di molte piccole e micro aziende – racconta Marina Calderone, presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro, intervistata dal Corriere del Sera – intimorite da questo rischio. Riterrei urgente avviare una riflessione con le parti sociali per arrivare a una norma». Il Governo fa sapere che a rischiare provvedimenti penali saranno solo quelli che non faranno rispettare le leggi, ma per i consulenti del lavoro il nodo non è così semplice: i casi dei soggetti asintomatici vedono ancora oggi una quasi impossibile prevenzione da parte del datore di lavoro, specie con la costante mancanza di strategia su tamponi e test sierologici. Ed è così che dunque ancora d’attualità strettissima la necessità di uno “scudo penale” o simile per il mondo delle imprese. (agg. di Niccolò Magnani)
CAOS AZIENDE PER LA FASE 2
La riapertura di molte piccole e micro aziende potrebbe essere bloccata da un articolo che equipara il contagio in azienda ad infortunio di lavoro. Lo fa nello specifico l’articolo 42 del decreto legge n.18/2020, grazie al quale si ottiene la copertura assicurativa Inail. Ma si aprono nuovi e pericolosi scenari. I datori di lavoro rischiano infatti un processo penale se un loro dipendente si ammala di Covid-19 sul posto di lavoro. A rischiare non sono giustamente furbi o negligenti, ma anche quei datori di lavoro che mettono in essere tutte le misure necessarie per contrastare la diffusione del coronavirus, come previsto dai protocolli di sicurezza del 14 marzo e del 24 aprile. La circostanza è stata evidenziata dai Consulenti del Lavoro, secondo cui si tratta di «un problema non da poco che rischia di bloccare la riapertura di molte piccole e micro aziende intimorite da questo rischio». Ne parla Marina Calderone, presidente del Consiglio Nazionale dell’Ordine, al Corriere della Sera: «Riterrei urgente avviare una riflessione con le parti sociali per arrivare a una norma».
CONTAGIO È INFORTUNIO SUL LAVORO: IPOTESI SCUDO PENALE
Quell’articolo di cui sopra, per il quale può scattare la copertura assicurativa Inail, potrebbe comportare rischi penali per l’imprenditore. Si parla di reati come lesioni o omicidio colposo, in caso di morte. E questo anche se la responsabilità del datore di lavoro non è oggettiva, ma ha adempiuto a quanto previsto dai regolamenti. Ci sono dunque dei punti critici. Come verificare che il contagio sia avvenuto effettivamente durante il lavoro? Se teniamo conto del lungo periodo di incubazione del nuovo coronavirus, non si può stabilire con certezza luogo e causa del contagio. E quindi non si possono escludere altre cause di contagio. Il discorso poi si complica ulteriormente nel caso degli asintomatici. Da qui la richiesta di uno scudo penale, una norma che escluda la responsabilità del datore di lavoro, se però ha rispetto le norme. I Consulenti del Lavoro chiedono garanzie certe, perché ci sono milioni di imprese che non potrebbero reggere i costi derivanti da sanzioni o richieste di risarcimento danni. Qualcosa si muove in tal senso. «Una responsabilità sarebbe, infatti, ipotizzabile solo in via residuale, nei casi di inosservanza delle disposizioni a tutela della salute dei lavoratori e, in particolare, di quelle emanate dalle autorità governative per contrastare la predetta emergenza epidemiologica», ha dichiarato il sottosegretario al ministero del Lavoro Stanislao Di Piazza.