ESODATI E QUOTA 41, LE PAROLE DI DAMIANO
Cesare Damiano, nella sua intervista a pensionipertutti.it, non dimentica di parlare degli esodati ancora esclusi dalle otto salvaguardie finora varate. “Troviamo del tutto legittima e fondata la richiesta del Coordinamento dei lavoratori esodati di risolvere conclusivamente la loro situazione. Si tratta di circa 6.000 persone che non hanno né stipendio, né pensione perché non sono rientrate nelle 8 salvaguardie previdenziali. Si tratta delle ultime vittime della legge Monti-Fornero: ricordo che con le salvaguardie circa 150mila lavoratori sono stati mandati in pensione, con uno stanziamento complessivo di 11 miliardi di euro. Adesso si tratterebbe di compiere l’ultimo passo. Se il Governo trascura questa situazione commette un errore e non tutela tutti i più deboli”, spiega l’ex ministro del Lavoro, secondo cui in tema di riforma pensioni non si può dimenticare il futuro previdenziale dei giovani e dei lavoratori precoci che da tempo chiedono il varo di Quota 41. Damiano non cita le donne, ma è indubbio che abbia ben presente che occorre anche agire per ridurre il gender gap presente anche in ambito previdenziale.
DAMIANO E LA REVISIONE DELLE ATTIVITÀ GRAVOSE E USURANTI
Nell’intervista a pensionipertutti.it, Cesare Damiano spiega come si dovrebbe procedere in tema di riforma pensioni dopo che la pandemia da coronavirus ha mostrato che esistono delle professioni che sono più a rischio contagio di altre. “La nostra opinione è molto semplice: nel caso delle normali attività l’anticipo pensionistico può essere collegato a una penalizzazione (ad esempio il 2% per ogni anno anticipato); nel caso di lavori usuranti o gravosi o esposti a rischi di contagio non ci dovrebbe essere penalizzazione. Questa misura, a differenza di quello che è avvenuto con Quota 100, dovrebbe diventare strutturale”, spiega l’ex ministro del Lavoro. Secondo il quale “si impone un tema: rivedere e ampliare l’elenco delle attività gravose e usuranti. È dunque evidente che nella riscrittura delle mansioni meritevoli di un anticipo pensionistico, occorrerà intrecciare le attività usuranti e gravose con quelle esposte a rischio contagio”. Ci vorrà dunque un lavoro importante e approfondito in tal senso prima di ogni ipotesi di norma.
FORNERO “A RISCHIO PENSIONI”
In un lungo elaborato pubblicato sul portale “Lavoce.info”, Raffaele Corvino, l’ex Ministra del Governo Monti Elsa Fornero e Alessandro Dario Lavia pubblicano un lungo studio su quali potrebbero essere i problemi per le pensioni tra gli effetti della crisi coronavirus. E le buone notizie purtroppo non sono molte: per la titolare dell’ultima vasta riforma pensioni in Italia – tra l’altro proprio avvenuta in un altro momento di forte crisi economica – è lecito domandarsi ad oggi cosa la crisi Covid-19 genererà come effetti per i pensionati futuri. «Con un’economia in crisi e una disoccupazione crescente, infatti, il problema non potrà non farsi sentire e se il ricorso al debito è giustificabile nel breve periodo, nel lungo le pensioni non possono che poggiare su una fonte sostenibile di reddito»; per la prof. Fornero, insieme agli altri due ricercatori, le pensioni «non sono una “variabile indipendente” dalle condizioni economiche generali, e in particolare dalla crescita». Secondo la Fornero non servono contro-riforme di «corto respiro» che attingano di nuovo al debito pubblico (il riferimento a Quota 100 è evidente, ndr), bensì «Favorire un po’ di diversificazione è pertanto utile, così come il ricorso alla fiscalità generale in situazioni di emergenza. Ma proprio perché dal sistema a ripartizione non si può uscire, è bene garantirne la sostenibilità nel tempo, senza avventurarsi in pericolose controriforme di corto respiro, attingendo al debito pubblico». (agg. di Niccolò Magnani)
LA NUOVA OTTICA PER LA RIFORMA PENSIONI
Secondo Cesare Damiano, dopo la pandemia da coronavirus occorre vedere il tema della riforma pensioni, che è stato momentaneamente accantonato a causa dell’emergenza, in un’ottica diversa. “Non si tratta, quindi, di produrre un aggiustamento, al costo più basso possibile, delle storture dell’attuale modello previdenziale, ma di proporre la riscrittura del profilo delle tutele sociali del nostro Paese in grado di prevenire anche le situazioni di emergenza come l’attuale, mettendo al riparo soprattutto i soggetti che si sono rivelati più fragili. Passare da un sistema rigido (Monti-Fornero) a uno flessibile che privilegi l’uscita anticipata dal lavoro, soprattuto di chi svolge non solo i lavori usuranti e gravosi, ma anche di chi è maggiormente esposti al contagio, è anche il modo con il quale diminuire l’esposizione al rischio di chi supera una certa soglia di età ed è più fragile di altri, come ci rileva l’attuale pandemia”, spiega l’ex ministro del Lavoro in un’intervista a pensionipertutti.it.
NUOVO SCONTRO SUI VITALIZI
Come spiega il sito di Repubblica, l’Associazione degli ex parlamentari ha inviato una diffida all’Ufficio di presidenza della Camera per chiedere che il taglio dei vitalizi, conseguente alla misura di riforma pensioni per gli ex deputati adottata da Montecitorio, venga riparametrato sulla base delle decurtazioni già previste per le normali pensioni degli italiani superiori ai 100.000 euro. “Ma vi rendete conto? In un periodo come quello che stiamo vivendo ecco cosa pensa la casta. Pensa ai propri vitalizi”, è il commento di Luigi Iovino, deputato del Movimento 5 Stelle. Antonello Falomi, Presidente dell’Associazione ex parlamentari, tiene però a precisare che la diffida è stata inviata ora “perché è di pochi giorni fa una decisione senza senso del collegio giurisdizionale che nei fatti non ha affrontato i ricorsi rimandando ad un altro organo, appunto l’ufficio di presidenza. La nostra partecipazione alla tragedia collettiva che colpisce il Paese è dimostrata dal fatto che, durante l’emergenza Coronavirus, abbiamo raccolto 150 mila euro da destinare ai medici di famiglia”.
RIFORMA PENSIONI, LE PAROLE DI DE MASI
Intervistato da Left, Domenico De Masi è stato interpellato, tra le altre cose, anche sui temi di riforma pensioni, viste le manifestazioni che ci sono state nei mesi scorsi in Francia e la proposta dei sindacati italiani di un ingresso in quiescenza dai 62 anni. Il sociologo spiega di essere dell’avviso che, fatta eccezione per i lavori usuranti, “si dovrebbe ridurre l’orario di lavoro ma non gli anni di lavoro. Se sono 40 miliardi di ore quelle che lavoriamo oggi vanno portate a 30, ma queste 30 vanno distribuite per più anni, per un fatto semplicissimo: un tempo la pensione era a 55 anni per le donne e 60 anni per i maschi. Ma all’epoca si moriva a 50 anni”.
LA SFIDA DI RENDERE IL LAVORO PIÙ BELLO
Per De Masi si era quindi di fronte a “una truffa perché l’Inps si prendeva i contributi tutta la vita e poi doveva erogare la pensione ma il pensionato era morto. Oggi la vita media degli uomini è di 80 anni, 86 per le donne, e si va in pensione a 65 anni. Questo cosa comporta? Ci sono 20 anni di inerzia. Io trovo che il lavoro vada reso bello, perché sia sempre migliore, ma quando è reso bello lo si svolga il più possibile”. Dal suo punto di vista, “grazie alla tecnologia, la parte negativa del lavoro, quella noiosa, ripetitiva, pericolosa potrebbe essere delegata sempre più alle macchine. Il lavoro ora può essere più creativo”. Di fatto, evidenzia il sociologo, “oggi un 65enne è come era un 40enne un tempo, è uno con una vita attiva, l’amore, lo sport; lo vogliamo mandare a portare il cane ai giardinetti?”.