Gli italiani si dovranno abituare a sottoporsi nei prossimi mesi alla frequente misurazione della febbre, almeno ogni volta che si entrerà in un ufficio, in un supermercato, in una stazione.
Anche il governo dovrà di tanto in tanto sottoporsi ad un termo-scanner e dichiarare così di non avere la febbre. Da questo punto di vista un termo-scanner molto affidabile è la Rai. Perché non c’è questione più complessa e inesplicabile come le nomine nella grande azienda publica che governa l’informazione, la cultura e l’intrattenimento del Paese per conoscere lo stato di salute di una maggioranza.
Ebbene, in piena crisi da pandemia, nonostante da oltre due mesi subisca scossoni e scontri su ogni più piccola scelta operata da Conte e dal suo governo, la coalizione giallo-rossa si è mossa compatta e, sorniona, ha chiuso in poche ore quel pacchetto di nomine in Rai che l’amministratore delegato Salini ha inutilmente inseguito per mesi.
Così il Pd ha ottenuto quanto richiesto al M5s e ha sistemato Mario Orfeo sulla poltrona di direttore del Tg3 (sloggiando Giuseppina Paterniti che viene spostata nel ruolo di direttore dell’offerta informativa), il M5s ha ottenuto quanto richiesto al Pd e Franco Di Mare ha ottenuto l’ambita poltrona di direttore di Rai3.
A contorno di questo accordo – che segna una pace duratura in Rai, ma non solo – sono state fatte altre nomine molto importanti in alcune partecipate di grande valore come Rai Way (presidente Giuseppe Paciucco, Ad Aldo Mancino), RaiCom (presidente Teresa De Santis, Ad Angelo Teodoli) e RaiCinema (presidente Nicola Claudio, Ad Paolo Del Brocco).
In particolare Salini riesce nell’operazione non facile di evitare un duro contenzioso con la precedente direzione di Rai1, che come ricorderete fu rimossa senza motivo alla vigilia del Festival di Sanremo per fare spazio al suo fidato Stefano Coletta. Così l’ex direttrice De Santis, in compagnia con Teodoli, passano alla guida di RaiCom. Per convincere la De Santis è stato necessario far sloggiare da RaiCom Monica Maggioni, rimasta così all’asciutto e bloccata nella speranza di ottenere una nuova trasmissione su Rai1.
Quello che è accaduto ieri nel Cda della Rai conferma dunque la tesi che le forze che compongono la maggioranza non solo non lavorarono per la crisi del governo Conte ma stanno rafforzando la collaborazione, cosa che solo un anno fa sembrava impossibile.
In particolare è il rapporto tra il Pd e il M5s ad aver fatto molta strada, e ad essere ormai l’ossatura di una specie di maggioranza bipolare, come confermano gli ultimi sondaggi. Infatti il Pd è ancorato ad un solido 22%, che ne fa quello che aspira da sempre ad essere, e cioè un partito di sinistra di governo, ancorato nel suo bacino sociale di riferimento e anima moderata del paese. Il M5s sembra aver fermato l’emorragia dei mesi scorsi e si attesta intorno ad un significativo 15%, che ne fa un partito populista di governo, con solidi basi nel Mezzogiorno. Infine c’è la variabile Conte, sicuramente un presidente del Consiglio che ha costruito in questi mesi un suo profilo autonomo e che potrebbe anche trovare un suo specifico bacino elettorale.