L’agognato Decreto rilancio è finalmente stato approvato, dopo mille rinvii e discussioni tra le forze di maggioranza, durate per più di un mese. Si tratta di un testo particolarmente tortuoso, con oltre 250 articoli, di cui alcuni contenenti misure fiscali che possono così riassumersi:
1) Tutte le imprese, fino a 250 milioni di fatturato, beneficeranno della cancellazione del saldo e acconto dell‘Imposta regionale sulle attività produttive, che avrebbero dovuto versare a giugno.
2) Per ogni 100 euro spesi per la riqualificazione energetica ci sarà uno sconto fiscale di 110 euro. Questa in sostanza la norma contenuta nel provvedimento, che introduce un superbonus del 110% anche per le ristrutturazioni antisismiche.
3) Rimandate a settembre tutte le tasse a carico delle imprese che hanno registrato cali di fatturato. La ripresa dei versamenti scatterà dal 16 settembre, e vanno dai versamenti delle ritenute all’Iva, passando per i contributi. I contribuenti dovranno saldare il “debito” con il fisco in unica soluzione o in quattro rate.
4) Sospesa l’emissione di nuove cartelle esattoriali fino a settembre, per aziende e residenti. Le notifiche vengono rinviate al primo settembre, mentre la consegna degli atti di accertamento ripartirà alla fine dell’anno.
5) Viene cancellato l’acconto Imu del prossimo mese, per gli alberghi e gli stabilimenti balneari.
6) Proroga fino al 31 ottobre della tassa di occupazione del suolo pubblico, per la parte di spazio che gli esercizi dovranno aggiungere, per rispettare il distanziamento previsto dalle nuove regole.
I provvedimenti tanto attesi però, che dovevano ovviare già da subito alla drammatica pressione fiscale, visto il periodo che coinvolge sia le imprese che i singoli cittadini, come da molti pronosticato, sono andati in “fanteria”. All’orizzonte si prospetta così un giugno nero: tutte le tasse sospese o rinviate per l’emergenza coronavirus che pagheremo insieme a quelle con scadenza invariata nel tempo. Il nuovo calendario fiscale viene sostanzialmente stravolto.
In questo momento tra imprese in difficoltà e lavoratori rimasti senza impiego, il Governo ha pensato bene di mantenere molti appuntamenti con il Fisco. Infatti, a breve, i contribuenti dovranno fare i conti non solo con i versamenti di oneri e contributi dei mesi pregressi spostati a giugno, ma anche con una serie di imposte, già prefissate, in attesa di essere pagate una volta tornati alla “normalità”. Dal prossimo mese, qualora l’emergenza sanitaria dovesse rientrare (con conseguente sospensione del lockdown). Tra le tasse rinviate a giugno rientrano: gli avvisi di addebito degli enti previdenziali; le cartelle, gli accertamenti e tutti gli atti impositivi sospesi per l’espansione del virus; i versamenti sospesi nel mese di marzo che hanno interessato le piccole e medie imprese operanti nelle zone rosse più colpite dal coronavirus e che non rientrano nei criteri di blocco fissati dal decreto liquidità; le rate di rottamazione ter e saldo e stralcio scadute il 28 febbraio e il 31 marzo (le rate posticipate, salvo diversa comunicazione, si andranno a sovrapporre a quelle già fissate).
È bene precisare, tuttavia, che tutti i versamenti sospesi o posticipati dal decreto liquidità non dovranno essere corrisposti necessariamente in un’unica soluzione, poiché al contribuente verrà riconosciuta comunque la possibilità di dilazionare i pagamenti fino a cinque rate mensili di pari importo.
Poi ci sono le tasse già fissate da aggiungere all’elenco appena fatto dei versamenti. A giugno i contribuenti saranno chiamati a pagare anche l’acconto Imu e l’Ires.
Vista la situazione non sappiamo più che dire. Ci si illudeva che ci fosse finalmente, da parte dell’Esecutivo, uno sprint da tutti profondamente auspicato e desiderato al fine di risolvere una situazione economica ormai allo stremo. Ci sono categorie che non hanno ancora visto un “ghello”. Di defiscalizzazione completa poi, almeno fino a prossimo settembre le imprese, la ristorazione, le attività che vivono di turismo, quelle commerciali e così via, che sono costrette a non poter ripartire, non se ne parla, né altresì di moratorie tombali, soprattutto quelle per le cartelle emesse e notificate prima dell’irruzione della pandemia di poco valore, al netto di sanzioni e interessi di mora
Capiamo le difficoltà ad affrontare questa impensabile, fino a poco fa, catastrofe che tutti i governanti di ogni parte il mondo hanno, tuttavia si deve capire che il nostro Paese è a un bivio: o si fanno le cose giuste e in fretta, per almeno cercare di stare a galla, o si affonda del tutto. Il tema pressante della questione fiscale, delle tasse che giustamente le imprese – e di conseguenza ognuno di noi – devono essere corrisposte allo Stato, il problema dell’evasione, ecc., deve un attimo passare in secondo piano: la gente e gli imprenditori soprattutto quelli più piccoli, hanno fame (e per molti di loro, non è un modo di dire), sono desiderosi di ricominciare a fare quello che si faceva, magari con grandi difficoltà, prima della pandemia: senza aiuti concreti, senza il peso e rinvio della liquidazione delle risposte e senza interventi ad hoc non si può guardare al futuro, né purtroppo, paradossalmente già al presente.
Vogliamo concludere con il solito adagio: «È sperare, la cosa più difficile. La cosa più facile è disperare, ed è la grande tentazione» (Charles Peguy). Queste parole ci dicono che, per chi l’ha sempre fatto o peggio, pensa di farlo e ci ha marciato, non si può più scherzare prendendo la vita di ogni uomo e il bene di tutti, così come viene. È d’uopo oggi meditare su ciò, tutti noi, governanti e potenti compresi.