Sinisa Mihajlovic e la malattia: continua la lotta dell’ex calciatore contro la leucemia. Una battaglia che l’allenatore sta vincendo dimostrando ancora una volta una gran forza e determinazione. Attenzione però a chiamarlo eroe visto che lo stesso allenatore ci tiene a precisare: “non sono un eroe, ora parliamo di calcio, mi sono rotto di piangere” – ma precisa – “ho passato mesi duri, di sacrifici”. Il trapianto del midollo osseo al quale si è sottoposto non è stato facile anche perchè l’ha portato a stare lontano dalla sua amata famiglia e dalla sua squadra. “Ho passato 4 mesi in una stanza, solo, sognando di respirare l’aria fresca, incazzandomi alla tv per le partite” – ha raccontato l’allenatore che ha proseguito dicendo – “dopo l’ultimo ciclo non ho sentito la squadra per tre settimane, ero troppo debole, ora ci sarò sempre quando posso, perché mi fa sentire vivo. So che non è la fine del percorso ma un po’ per me sì, perché sono uscito da quell’ospedale, spero da uomo migliore”. L’allenatore ci tiene a precisare di non essere un eroe, ma di aver affrontato la malattia con coraggio. “Non mi sono mai sentito un eroe, aver coraggio non vince queste malattie, e voglio dire a tutti quelli che stanno passando la stessa esperienza che non si devono sentire meno forti se affrontano la malattia in modo diverso, non c’è da vergognarsi ad avere paura, essere disperati, piangere, l’unica cosa che non devono perdere mai è la voglia di vivere” ha detto Sinisa.
Sinisa Mihajlovic come sta oggi?
Le condizioni di salute di Sinisa Mihajlovic sono migliorate. Dopo il trapianto di midollo, l’ex calciatore ha cominciato la sua lenta ripresa potendo contare sull’affetto incondizionato della sua famiglia. La moglie Arianna Rapaccioni non l’ha mai lasciato solo come ha raccontato l’allenatore: “mia moglie che è stata lì tutti i giorni dimostrandomi di essere molto fortunato ad avere l’unica persona che conosco che ha più palle di me; i miei figli, mio fratello, mia madre in Serbia”. A stargli vicino, seppur lontani, tutti i suoi fan e i tifosi del Bologna a cui va il suo grazie: “grazie alle lettere, i cori, gli striscioni, il pellegrinaggio a San Luca, mi sono sentito parte di una famiglia, i tifosi del Bologna che mi hanno fatto sentire un figlio, tutta la società e i giocatori”. Non solo, Sinisa ha voluto ringraziare anche dei cari vecchi amici come Mancini: “sono stati i primi a farsi sentire; ma anche tifoserie avversarie che mi hanno applaudito e forse questa storia ha unito la gente, quando io sono sempre stato uno divisivo”. A chi l’ha proposto come allenatore per la panchina d’oro, Sinisa ha precisato: “la accetterei solo se arriva per quel che ho fatto col Bologna, non perché sono malato, in quel caso non mi serve”. L’allenatore del Bologna oggi sta molto meglio come ha raccontato durante un’intervista: “per adesso la sto vincendo anche se devo fare attenzione. Sta andando tutto bene, non sto più prendendo il cortisone e questo è importante”.
Sinisa Mihajlovic e la leucemia: “è tutto in discesa”
La strada è ancora lunga, ma Sinisa Mihajlovic è un guerriero per stessa ammissione delle figlie Virginia e Viktorija che non l’hanno mai lasciato da solo. “Sono passati 78 giorni dal trapianto di midollo osseo e i primi 100 giorni sono i più critici” – ha precisato l’allenatore che ha proseguito dicendo – “poi dopo è tutto in discesa, bisogna avere pazienza ancora per una ventina di giorni ma superarli bene sarebbe già un bel traguardo. Sono molto contento, non ci sono state complicazioni gravi e va benissimo così”. Da diverso tempo, Sinisa ha ripreso anche ad allenarsi per tornare in forza: “dopo 4 mesi senza fare niente e prendendo 17 pastiglie al giorno mi sono un po’ gonfiato”. Sulla malattia e sulle cure ha rivelato: “ho fatto tredici chemioterapie in cinque giorni, ma già dopo il terzo avevano annientato tutto. Il primo ciclo è stato il più pesante, mi sono venuti anche degli attacchi di panico che non avevo mai avuto perché ero chiuso in una stanza con l’aria filtrata: non potevo uscire e stavo impazzendo”.