Prosegue la corsa per il vaccino anti coronavirus. Nel mondo ci son 118 candidati, secondo un censimento effettuato dall’Organizzazione mondiale della sanità, ma di questi solo una decina è in fase di sperimentazione clinica. Ci sono i “vaccini a virus”, cioè quelli in cui si usa direttamente il virus, in questo caso Sars-CoV-2, ma dopo averlo attenuato o inattivato. Questa è una tecnologia con cui si realizzano molti vaccini, pensiamo ad esempio a quelli per morbillo e poliomelite. Ci sono poi candidati che si basano su acidi nucleici (Dna o Rna): si usano le informazioni genetiche della proteina spike, che si trova sulle “punte” della corona del virus. Un’altra strada percorsa è quella per vaccini a vettore virale, in cui viene usato un virus innocuo per l’uomo, “ingegnerizzato” per trasportare le proteine del virus contro cui si svuole far sviluppare l’immunità. E poi ci sono i candidati vaccini basati su proteine. In fase clinica, ad esempio, il vaccino a cui sta lavorando Moderna Therapeutics (Usa), che ieri ha fatto sapere di aver registrato risultati incoraggianti nella sperimentazione sull’uomo. È in collaborazione col National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) e ce ne ha parlato anche Giorgio Palù, virologo dell’Università di Padova e già presidente della Società europea di virologia.
VACCINI CORONAVIRUS, 10 IN SPERIMENTAZIONE CLINICA
Per quanto riguarda gli Stati Uniti, è in fase clinica anche il vaccino della Fondazione di Bill Gates, Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi), messo a punto con Inovio Pharmaceuticals. Nelle scorse settimane sono state autorizzate le prime somministrazioni su volontari. Il vaccino viene somministrato mediante iniezione intradermica seguita da elettroporazione (EP) con l’utilizzo di uno specifico dispositivo. Ma parliamo di novembre come mese previsto di conclusione dello studio. A lavoro anche la Cina con quello dell’Accademia di Scienze Mediche Militari di Pechino – CanSino Biologics: si trova in fase avanzata di sperimentazione clinica. E ci sono a due di Shenzhen Geno-Immune Medical Institute, oltre a quello della Sinovac Biotech e di Beijing Institute of Biological Products/Wuhan Institute of Biological Products. Per quanto riguarda l’Europa, ci sono i candidati vaccini dell’Università di Oxford (Gran Bretagna), in collaborazione fra l’azienda di bioingegneria di Pomezia, Advent-IRBM, e di BioNTech/Pfizer (Germania). A chiudere il quadro Symvivo (Canada).
VACCINI CORONAVIRUS, IL CASO OXFORD
Sul vaccino sviluppato dall’Università di Oxford in collaborazione con l’azienda italiana si è creato un caso, tanto che si è temuto che il trattamento, per il quale il Regno Unito ha investito 90 milioni di sterline, potesse non funzionare. La notizia arriva dopo la pubblicazione di report preliminari secondo cui il vaccino avrebbe offerto “un po’ di immunità” contro il virus e impedito che entrasse in profondità nei polmoni. Ma l’azienda italiana IRBM ha smentito la notizia dei macachi che si sono ammalati, spiegando che in uno sono state trovate tracce del virus nel naso, quindi bisogna trovare la dose giusta per il vaccino. Il vaccino, comunque, è attualmente in sperimentazione sugli esseri umani. Secondo l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco in vantaggio su tutti, oltre a Oxford da cui però non arrivano riscontri incoraggianti, ci sono Usa e Cina. Con quattro candidati vaccini arrivati alla sperimentazione clinica, la Cina è tra i paesi all’avanguardia nella corsa al vaccino. A tal proposito, Lopalco ha spiegato su MedicalFacts: «Intanto i ricercatori cinesi, seguendo una strada percorsa fin dagli albori della vaccinologia, cioè quella dei virus inattivati, hanno ben tre vaccini abbastanza promettenti in fase 1 e 2 di sviluppo».