Sottende all’attuale tensione nella maggioranza di Governo ma il “caso” Fca – ovvero il prestito da 6,3 miliardi che il board degli Agnelli-Elkann ha chiesto a Banca Intesa Sanpaolo attraverso la legittima garanzia statale di SACE (Cdp) – ha più retroscena e rumors di una spy story da cinema. Dopo lo scontro anche nel Governo nei giorni scorsi in merito all’opportunità di chiedere o meno prestiti per l’ex Fiat, è Dagospia che oggi ritorna sulla querelle contro gli Elkann con un vasto retroscena che prova a mettere in fila i (possibili) fatti che hanno portato alla richiesta di quei 6,3 miliardi di euro. «Quello che trapela dalle parti di Torino e Parigi è che la pandemia non fermerà la fusione FCA-PSA, come invece ha stoppato la ricchissima operazione su PartnerRe», spiega Dagonews rivelando che John Elkann non ha avuto molta scelta nel richiedere i 6,3 miliardi di euro (tra l’altro accettando tutte le specifiche inserite dal Governo nel Decreto Liquidità come obbligo delle aziende).
«I 6,3 miliardi di finanziamento in Italia gli servono per tenere in piedi la Exor, confermando l’extra-dividendo miliardario che è alla base dell’operazione coi francesi», prosegue il retroscena “anonimo” con fonti interne a Fca. La crisi generata dal coronavirus e il crollo del mercato auto hanno accelerato i tempi non permettendo a Elkann di “finanziare” le perdite di Fca Italy con il tesoretto “olandese” (che serve come non mai all’operazione con Psa per mantenere quote 50-50% con Peugeot) .
COSA PROMETTE DI FARE FCA CON I PRESTITI DELLO STATO
«La cassa dell’azienda non sta in Italia. E neanche quella degli Elkann: sia FCA che Exor hanno sede in Olanda. Quindi per lo Stato italiano è quasi impossibile controllare cosa faranno coi soldi ottenuti», sottolinea ancora Dagospia in merito ai “motivi” dietro alla richiesta di prestito con tempi così stretti e immediati. Per il retroscena la via praticata da Elkann è stata obbligata e “furba”: «Potrà la SACE davvero mettere il naso negli sfuggenti caveau olandesi? Soprattutto quando tra qualche mese il controllo della società passerà aldilà delle Alpi? La vediamo difficile…». In base alle informazioni finora raccolte dalle poche voci ufficiali che sono intervenute sul prestito-Fca – e raccolte dall’ottimo articolo di Fernando Soto per Startmag.it – l’ex Fiat si impegna con il prestito di Intesa Sanpaolo garantito all’80% da Sace e controgarantito dallo Stato Fca «a mantenere gli attuali livelli occupazionali in Italia e a potenziare gli stabilimenti operativi in Italia in termini di crescita, sviluppo tecnologico, innovazione e ricerca».
Non solo, fonti bancarie all’Ansa ancora oggi rivelano come tali risorse dovranno essere destinate al pagamento dei fornitori, degli stipendi dei dipendenti e anche per investimenti in stabilimenti italiani. Per provare a spegnere le polemiche politiche scatenate dalla richiesta di Fca ci ha pensato poi il Ministro dell’Economia Roberto Gualtieri a chiarire i contorni dell’operazione, «È un prestito, non un regalo. Abbiamo chiesto a Fca impegni aggiuntivi rispetto a quelli esistenti – prosegue il titolare del Mef – tra cui rafforzare e confermare tutti gli investimenti in Italia. Abbiamo anche detto no a delocalizzazioni. La garanzia dello Stato è legata a queste condizioni. Anche perché stiamo parlando di una grande multinazionale globale che sta negli Stati Uniti e ora sta negoziando una fusione con Psa in Francia e che noi abbiamo il dovere, come governo, di tenere ancorata in Italia».