«Il bonus vacanze? Consideriamo l’economics: il bonus (al massimo 500 euro, per una famiglia con figli) è riservato a persone con un Isee fino a 40 mila euro. Noi stimiamo che con quel reddito un cliente con due bambini sceglie solitamente una sistemazione a due o tre stelle, dove in Italia una settimana al mare costa circa mille euro di albergo. Quindi l’albergatore vende un prodotto a mille, incassa 500, gli altri si vedrà quando, ma sopporta costi per 800, visto che solitamente i suoi margini s’aggirano sul 20/25%. Quindi ci rimette 300 euro di cassa. Un calcolo semplice, ma che mi sembra non abbia fatto ancora nessuno». L’analisi è di Gabriele Burgio, presidente e amministratore delegato di Alpitour, settantatré anni di storia, dal piccolo ufficio di Cuneo del ’47 al mondo Exor degli Agnelli degli anni Novanta, ai fondi di private equity del 2012, fino ad Asset Italia e Tip, negli ultimi tempi. La crescita del colosso Alpitour è stata costante, toccando nel 201961994 milioni di fatturato con un Ebidta di 74 milioni (+30%).
Dottor Burgio, qual è oggi il sentimento del settore?
Sconforto, qui si lavora tanto ma nessuno ci ascolta. È un disastro assoluto, in tutto il mondo: siamo tutti precipitati a terra, dalle compagnie di aviazione generale agli alberghi. In questa situazione ci sono due mondi, uno corporativo e uno governativo. Noi, del primo, abbiamo avuto momenti di quasi fiducia per il secondo, soprattutto vedendo gli esempi dall’estero, con la Germania che aiutava TUI, la Francia Air France, la Spagna Iberia e via dicendo. Pensavamo che visto che in Italia il turismo rappresenta almeno il 13% della sua ricchezza, le scelte, gli aiuti sarebbero stati conseguentemente molto forti. Vede, la Francia ha attivato sostegni per 18 miliardi, ma da loro il settore turismo vale solo il 5% del Pil. Quindi…
E cosa avete visto arrivare?
Abbiamo dovuto constatare che in Italia si sono messi in campo solo 4 incerti miliardi: c’è qualcosa che non va, che non riusciamo a capire. E allora fiducia e speranza si sono spente. Noi non vendiamo automobili, settore in sofferenza ma che può confidare in vendite degli stessi prodotti più in là nel tempo: l’auto che resta in magazzino la si potrà smerciare tra un paio di mesi. Quello che vendiamo noi è il tempo, l’estate, i weekend: quando passa il momento magico non torna più, è perso.
Quindi addio fiducia. E adesso?
Fiducia persa, eppure, ci siamo detti, rappresentiamo un fatturato di 215 miliardi. Invece… Da qui l’ansia, motivata anche dalla constatazione che quelle potenziali misure adottate avevano tempi politici e tecnici assurdi, come il decreto aprile, arrivato a metà maggio (ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale solo ieri, ndr). Non voglio essere critico, il tempo delle verifiche sulle scelte fatte
arriverà più avanti. Dico però che il mondo del turismo, chi deve riaprire un albergo, un resort, un sistema, ha bisogno di almeno un mese di preparazione, e ogni giorno che passa porta più avanti la possibilità di ricominciare. Se anche si ricominciasse domani, insomma, non si riuscirebbe a rimettere in moto l’attività prima del 20 giugno, con l’adozione dei sistemi di sicurezza che saranno certamente necessari.
Nessuna prospettiva positiva?
Dopo l’ansia è subentrata l’angoscia, e adesso c’è solo disperazione. Oggi anche operatori importanti di catene alberghiere ne stanno aprendo uno o due, non di più, e gli hotel di città e città d’arte stanno pensando di aprire forse a ottobre, ma in molti mi stanno parlando del marzo 2021, cercando di tirare avanti con cassa integrazione e limitazione delle spese. È una spirale tremenda. Oggi, al 20 di maggio, un operatore potrebbe anche pensare di riaprire verso metà giugno. Bene, e con quali prospettive? Prenotazioni zero, anche perché le certezze sugli spostamenti non sembrano ancora così certe. E se i viaggiatori non sono più che sicuri, non prenotano: l’albergatore decide di conseguenza di rimandare. Questa è la spirale dalla quale non si esce più.
Che perdite sono prevedibili?
Io ho visto i fatturati delle linee aeree e degli alberghi crollare a meno 95%, il tutto mentre i costi fissi, impiegati, leasing, affitti, continuano a correre e a pretendere esborsi di denari che però non entrano in cassa. E quindi tutte le spese fisse, ogni mese, sono in realtà nuovo debito: si va avanti finché le banche ci aiutano, ma tutti, e le banche per prime, si stanno chiedendo quando tutto questo finirà.
Però è arrivato il decreto Rilancio…
Il meccanismo del bonus vacanza, che dicevo prima, è complesso. Tutti gli operatori ritengono che potrà essere molto impegnativo per la contabilità, tra registrazione, scontistica e via dicendo. Si incassa su cosa? Non è chiaro. In realtà non è cassa, non c’è liquidità. È uno strumento, una cambiale che si da all’albergo, ma quando la si potrà recuperare? In credito d’imposta. Ma se sarà sulle tasse di reddito ci vorranno cinque o sei anni per recuperarlo, perché prima di fare utili per andare a incassarlo passerà molto, molto tempo. Se invece si potrà scalare su quanto dovuto alla Pubblica amministrazione, contributi o altro, sarà diverso.
La tax credit non incentiverà il turismo?
Questo strumento sarebbe stato geniale se avesse spinto persone che normalmente non vanno in vacanza ad andarci. Allora avrebbe avuto un valore aggiunto. Ma così è solo un finanziamento per chi in vacanza già ci va… Insomma, per noi operatori è un meccanismo poco chiaro, solo un giro contabile, stimato in 2,4 miliardi sui 4 complessivi dedicati al turismo dal decreto Rilancio, ma non è cassa, è un meccanismo dilazionato nel tempo. Nel resto, ci sono 30 milioni destinati ai tour operator e alle agenzie, che in Italia sono circa 10 mila con 35/40 mila dipendenti. Anche fossero solo per le agenzie, quei 30 milioni diviso 10 mila fanno 3 mila euro per agenzia. Può andare bene così? E ci sono infine solo crediti d’imposta sugli affitti, per aprile e maggio, ma è vero anche che chi è proprietario e gestore della sua attività ne trae vantaggi, il solo gestore no.
Qual è la situazione dei vostri hotel e villaggi?
Dal 9 marzo abbiamo tutto chiuso, sia i nostri 18 resorts sparsi nel mondo, sia gli 11 in Italia. Prevediamo riaperture solo verso il 28 o 29 giugno, quando ripartiremo con i nostri aerei su Olbia, Cagliari, Brindisi e Sicilia, con quattro strutture operative, dove applicheremo il protocollo di sicurezza che abbiamo studiato, perché siamo ancora in attesa di quello ministeriale. È un peccato, pensi che il ministro del Turismo egiziano, in visita in Italia, ci ha da tempo sbandierato il loro protocollo, già studiato, vidimato e diffuso: bravissimi. Noi siamo ancora in attesa, e non sappiamo perché. Certo è che noi del settore turismo siamo dei polli, non otteniamo nessuna attenzione, e le scelte tecniche di un Governo in perenne fibrillazione finiscono per invischiarsi nelle sabbie mobili della politica.
Nel frattempo, non siete rimasti a guardare…
Abbiamo varato il manifesto, la campagna Ripartiamo, e altre iniziative, tutte volte a richiamare l’importanza del settore e l’urgenza delle misure per il suo sostegno. Adesso è finalmente arrivata la data del 3 giugno per gli spostamenti, bene. Una nostra indagine rivela che il 24% degli italiani vuole partire in vacanza nei prossimi tre mesi, il 20% tra tre e sei mesi. C’è voglia. Ogni settimana aumentano le ricerche dei potenziali viaggiatori: il 32% cerca Italia, il 15% l’Egitto e incredibilmente il 9% le Maldive. Siamo ancora in una fase di richiesta preventivi, di confronto dei prezzi, prenotazioni ancora quasi niente.
E una flotta aerea, la vostra compagnia Neos, a terra?
Abbiamo 12 aerei, e vantiamo anche tre piloti ex Frecce Tricolori. Quando è scattata l’emergenza contavamo migliaia di viaggiatori italiani all’estero. Abbiamo fatto così un grandissimo lavoro per il rientro: 138 voli per rimpatriare i connazionali. Abbiamo poi mantenuti attivi i nostri voli a lungo raggio, dedicati al trasporto di medicinali. La flotta c’è tutta ed è pronta a decollare, basta solo che ci facciano ripartire.
(Alberto Beggiolini)