La ricerca dei sintomi e dei meccanismi del Coronavirus non accenna a fermarsi e dopo la tempesta citonica è stato scoperto adesso un nuovo meccanico che farebbe aggravare la malattia. Si tratta della cosiddetta “cascata del complemento” come viene definita nel linguaggio scientifico e lo studio è contenuto nel Journal of Allergy & Clinical Immunology. Come spiega Il Giornale nella versione online, si tratta di una ricerca totalmente italiana realizzata dall’Istituto Auxologico Italiano e dall’Irccs Policlinico di Milano e che tenta di fare nuova luce sul virus dimostrando per la prima volta come questo meccanismo sia presente soprattutto in pazienti colpiti da gravi forme di Covid-19. Pier Luigi Meroni, direttore del Laboratorio sperimentale di ricerche di immunologia clinica e reumatologia dell’Auxologico di Milano ha tentato di spiegare in cosa consisterebbe questa “cascata”.
Il complemento, spiega, “è costituito da una serie di proteine che si attivano a cascata in maniera molto simile a quella della coagulazione”. Svolge un ruolo importante nelle difese dell’organismo verso agenti infettivi e verso neoplasie, “la cosiddetta ‘immunità innata’, quella componente di sistema immunitario che si attiva ancor prima che si sviluppi una risposta immune specifica”, ha aggiunto l’esperto. Tale immunità innata è in grado di provocare la produzione di fattori infiammatori quali le anafilatossine, di incentivare l’attivazione della coagulazione e di sostenere una risposta infiammatoria esagerata. In merito Meroni ha aggiunto: “L’inibizione del complemento ha un potenziale terapeutico in corso di Covid-19 grave perché, agendo contemporaneamente sia sull’infiammazione sia sulla coagulazione, può prevenire un ulteriore danno polmonare e sistemico”.
CORONAVIRUS, “CASCATA DEL COMPLEMENTO”: LO STUDIO ITALIANO
Un altro esperto, Massimo Cugno, dell’Unità operativa di medicina generale, emostasi e trombosi del Policlinico di Milano, ha spiegato come si è svolta la ricerca basata sulla scoperta del nuovo meccanismo della “cascata”. In tutto sono stati presi in considerazione 31 pazienti Covid gravi e con insufficienza respiratoria. Tutti loro, ha spiegato, “avevano segni di attivazione della cascata del complemento evidenziati utilizzando test molto sensibili che solitamente si usano nel monitoraggio e nella cura di malattie rare legate al complemento. La presenza di prodotti di attivazione del complemento in questi pazienti si è dimostrata associata al grado di gravità della malattia”. L’importanza della ricerca consiste nell’aver offerto non solo un “nuovo strumento” in grado di prevedere il Coronavirus ma anche la prova scientifica “per l’uso terapeutico di farmaci bloccanti il complemento fino ad ora utilizzati solo come ‘ultima spiaggia’ o, come si dice, per uso compassionevole”. L’esperto ha aggiunto infine che i test saranno impiegati per verificare l’eventuale risposta a questo tipo di farmaci da parte dei pazienti, rendendo possibile la personalizzazione delle loro cure.