Quando il coronavirus è comparso a Codogno era in realtà già presente in Italia. Non solo: la sua presenza risale a molto tempo prima. Lo ha rivelato Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, nella consueta conferenza stampa sull’andamento dell’epidemia nel suo territorio. Il riferimento del governatore è ad uno studio di Alisa, l’Azienda sanitaria regionale, secondo cui la presenza del Covid-19 in Liguria risale a molto tempo prima della comparsa in Lombardia. Alisa, che ha condotto lo studio su un campione di donatori di sangue, sostiene che il coronavirus sia arrivato in Liguria già a dicembre. Filippo Ansaldi, direttore della prevenzione di Alisa, ha spiegato che da una prima analisi condotta sui campioni raccolti nel mese di gennaio è emerso che 13 campioni erano positivi agli anticorpi IgG, che solitamente compaiono almeno sette giorni dopo il contagio. Dati recenti hanno inoltre dimostrato che i primi casi si sono verificati a dicembre: 5 nella città metropolitana di Genova, 4 invece a Savona.
“CORONAVIRUS IN LIGURIA PRIMA DI CODOGNO”, PROVE DA TRE STUDI
«È estremamente probabile che già a dicembre ci fossero casi di Covid nella nostra regione», ha aggiunto Filippo Ansaldi, che è direttore della task force sull’emergenza coronavirus in Liguria. Sono stati condotti tre studi per capire quando l’epidemia è partita nella regione guidata da Giovanni Toti. Analizzando i test sierologici sui donatori di sangue a partire da dicembre e studiando le tac di pazienti che avevano sintomi del tutto simili (a posteriori) all’infezione Covid-19, è emerso il sospetto che i primi casi risalgano dunque a dicembre. «La sensazione che il virus circolasse prima dei casi realmente osservati e notificati ce l’avevamo tutti», ha aggiunto Ansaldi. Le tac dei polmoni di alcuni pazienti hanno confermato questa impressione. «Le prime analisi hanno evidenziato che il 27 dicembre una tac fosse piuttosto compatibile con malattia da Covid. Abbiamo approfondito e abbiamo notato che a dicembre avevamo già 5 tac di classe 5, e dunque probabilmente legate a Covid». Anche lo studio sui donatori di sangue è stato utile in tal senso. «Già da una prima analisi sui campioni raccolti nel mese di gennaio, 13 donatori erano positivi alle Igg, ed erano dunque venuti in contatto con il virus».