Cresce sempre più l’allarme sulla sindrome misteriosa legata al Coronavirus e che colpisce i bambini in maniera particolare, della quale New York è un epicentro: partono nella Grande Mela esami del sangue a tappeto per capire se questi ragazzi condividono variazioni genetiche che li possano rendere soggetti a questa sindrome. I morti per ora sono tre: due bambini di 5 e 7 anni e un ragazzo di 18. Campioni di tessuto da almeno uno di loro sono già stati inviati in laboratorio per ricerche approfondite.
Lo Stato di New York è senza dubbio il cuore della ricerca su questa sindrome che resta al momento indefinita e che colpisce bambini e ragazzi, per loro forse un pericolo ancora maggiore rispetto al Coronavirus vero e proprio. I malati a New York sono ora 161, più altre centinaia fra gli Usa e l’Europa per questa “sindrome infiammatoria multisistema“, che causa grave infiammazione a diversi organi tra cui il cuore e che dovrebbe essere scatenata da una reazione al Coronavirus.
Si cercano le cause e una cura, intanto proprio per questo motivo vi è la massima cautela sulla riapertura di scuole e altre attività per i bambini. La minaccia è seria, dunque si tratta di una corsa contro il tempo: i medici coinvolti hanno descritto la loro frustrazione per la battaglia contro un nemico ancora per gran parte sconosciuto e per il quale manca una cura certa ed affidabile.
SINDROME LEGATA A CORONAVIRUS NEI BAMBINI: SINTOMI E NUMERI
L’allarme su questa sindrome simile a Coronavirus che colpisce i bambini è alta in tutti gli ospedali di New York, con un gran numero di casi e la caratteristica di un repentino peggioramento delle condizioni dei piccoli pazienti. Sappiamo che la sindrome è molto simile anche alla malattia di Kawasaki, che causa l’infiammazione ai vasi sanguigni e può portare ad attacchi di cuore e aneurisma. La nuova sindrome sembra però essere ancora più aggressiva.
C’è allarme anche in Italia e nel Regno Unito, due nazioni molte colpite dal Coronavirus, ma la situazione più critica su questo fronte è proprio quella di New York. Il 70% dei bambini che contrae la sindrome infiammatoria multisistema legata a Coronavirus ha bisogno della terapia intensiva e il 19% di ventilatori meccanici. In alcuni casi addirittura è stato necessario prelevare sangue, ossigenarlo e poi reiniettarlo nei pazienti.
Molti di questi bambini erano sani, senza altre patologie pregresse; la maggioranza (ma non tutti) sono risultati positivi al Coronavirus o agli anticorpi. Resta la domanda: la sindrome è causata direttamente dal virus o dalla reazione dell’organismo? Considerando che spesso passano delle settimane, la risposta giusta potrebbe essere la seconda, cioè una reazione eccessiva ed aggressiva del sistema immunitario all’infezione da Coronavirus.
SINDROME LEGATA A CORONAVIRUS NEI BAMBINI: COLPITI ANCHE GLI ADOLESCENTI
Per il momento, ai bambini affetti dalla sindrome infiammatoria multisistema vengono somministrati trattamenti simili a quelli per la malattia di Kawasaki e la maggior parte di loro risponde bene alle terapie. Ne soffrono anche diversi adolescenti e come abbiamo detto uno dei morti aveva infatti già 18 anni.
Un altro ragazzo di 17 anni, David Vargas, ha raccontato la sua storia al New York Times: i primi sintomi, il ricovero in ospedale, il test positivo al Coronavirus e i danni al cuore (“sentirsi dire che il tuo cuore potrebbe essere malato è terrificante”), facendo ritratti a medici e infermieri come passatempo. “Questa cosa è molto misteriosa e i medici non capivano bene cosa stesse succedendo e perché“, ma David ne è uscito bene, anche se dovrà evitare sforzi per almeno sei mesi e sarà seguito da un cardiologo.
I medici sono impressionati dalla varietà di sintomi con cui si manifesta la sindrome: per alcuni l’infiammazione riguarda anche il cervello o il sistema nervoso centrale e questa è una novità degli ultimi giorni. Uno ha avuto una paralisi temporanea, identificata con la sindrome Guillain-Barré, e anche il bambino morto di 7 anni aveva forte mal di testa tra i primi sintomi. Negli ospedali più coinvolti, tuttavia, il numero dei giovani pazienti comincia a calare: un segnale finalmente di una inversione di tendenza in senso positivo?