Era previsto che sarebbe andata così, non essendo il parlamento della Repubblica Popolare cinese un vero organo democratico, ma una assemblea di appartenenti al Partito comunista che esegue le indicazioni del governo. Così la cosiddetta “legge sulla sicurezza per Hong Kong” è stata approvata con 2878 voti a favore, uno contrario (chissà chi sarà stato) e sei astenuti. La legge apre adesso un capitolo drammatico per la ex colonia inglese: le autorità militari e di polizia di Pechino potranno infatti intervenire qualora un cittadino sia sospettato di sovversione, secessione, terrorismo e collaborazione con forze straniere che interferiscono negli affari cinesi. E siccome da mesi centinaia di migliaia di cittadini protestano contro il tentativo di Pechino di affossare l’accordo fatto quando gli inglesi lasciarono Hong Kong, cioè “un paese, due sistemi”, questo significherà una repressione nel sangue simile a quella di piazza Tienanmen.
VIOLATA LA BASIC LAW
Hong Kong infatti pur essendo tornata alla Cina godeva di uno statuto democratico differente da quello dittatoriale del resto del paese, simile ai paesi occidentali. Tutto questo ha dato fastidio a Pechino che ha deciso di intervenire con una legge che di fatto è una dichiarazione di guerra. Ci vuole adesso il via libera finale al provvedimento che sarà dato dal Comitato permanente del “Parlamento” cinese che si riunirà a fine giugno. L’annuncio del varo della legge ha scatenato un’ondata di proteste a Hong Kong. Per l’Associazione degli avvocati della città, la decisione di Pechino viola la Basic Law, la mini-costituzione su cui si fonda l’autonomia di Hong Kong dalla madrepatria. Per Pechino si tratta di una via comunque rischiosa, essendo Hong Kong una delle più importanti piazze d’affari al mondo, rischierà di perdere ogni attività di Borsa. Ci son poi a Hong Kong ben 150mila cittadini con passaporto inglese.